Previsto nella mattinata l’incontro a Palazzo Chigi tra il Premier Giuseppe Conte ed i massimi esponenti del colosso AncelorMittal. Sul tavolo la controproposta del Governo italiano per salvaguardare lo stabilimento dell’ex Ilva di Taranto.
Stamane a Palazzo Chigi il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte incontrerà il gruppo dirigenziale del colosso dell’acciaio ArcelorMittal. L’azienda, qualche giorno fa, ha annunciato la volontà di rescindere il contratto stipulato con lo Stato italiano, per l’utilizzo dello stabilimento dell’ex Ilva di Taranto. Nella serata di ieri l’azienda indiana ha depositato una citazione presso il Tribunale di Milano, per richiedere la recessione del contratto, scrive l’Ansa. Per i legali dell’azienda, l’esclusione dello scudo penale per la realizzazione del Piano Ambientale, rappresenterebbe una violazione degli accordi stipulati. Inoltre, le azioni del Tribunale di Taranto, ossia la richiesta di chiusura dell’altoforno 1, minerebbero la riuscita del piano industriale proposto ed accettato dai commissari straordinari dell’ex Ilva. Saranno presenti all’incontro Lakshami Mittal, numero uno della famiglia imprenditoriale indiana e il figlio Aditya. L’ad dell’azienda, Lucia Morselli, nella giornata di ieri, ha confermato ai segretari territoriali di Fim, Fiom, Uilm e Usb, la volontà dell’azienda di lasciare lo stabilimento.
Una norma per tutelare l’azienda dalla mancanza dello scudo penale
La maggioranza accusa ArcelorMittal di usare la mancata tutela penale ed amministrativa, stralciata con un provvedimento presente nell’ultimo Decreto Imprese, come alibi per una fuga da Taranto. Dietro la decisione del colosso indiano ci sarebbe in realtà, perdite ingenti, circa 2 milioni di euro al giorno, non attribuibili però alle norme legate al Decreto approvate dal Governo. Come svelato da Repubblica il piano del Governo sembrerebbe essere una sintesi delle indicazioni arrivate nella giornata di ieri dalla sede del Nazareno, ovvero l’introduzione di una norma generale per adempiere al dovere imposto da una norma specifica, il Piano Ambientale in questo caso, che chiarisca che non la si può esporre alla punibilità penale. Un provvedimento per tutelare la multinazionale anche in mancanza dello scudo, in modo che possa continuare la produzione nello stabilimento.
Nella giornata di ieri il Presidente del Consiglio Conte, a margine dell’inaugurazione dell’anno accademico del Politecnico di Milano, ha ribadito la posizione del Governo: “Pretendiamo chiarezza e il rispetto degli impegni contrattuali. Si viene il Italia, si vince una gara e si rispettano i termini contrattuali indicati nel bando. Saremo inflessibili. Non si può pensare di cambiare una strategia imprenditoriale adducendo a giustificazione lo scudo penale che peraltro non è previsto contrattualmente. Siano rispettati gli impegni per quanto riguarda le bonifiche ambientali, fondamentali per la comunità e per quel polo siderurgico”. Un’affermazione mitigata da altre, sempre del premier Conte, riportate dall’Ansa, in cui l’inquilino di Palazzo Chigi ha fatto trapelare la volontà di salvare il salvabile, a qualsiasi costo: “Il Governo è disponibile a fare tutto il possibile per fare in modo che da parte della controparte ci sia il rispetto degli impegni“.
Per il Ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli: “L’azienda ha deciso di andarsene da Taranto ancora prima. Il cambio di governance ha il compito di traghettare l’azienda indiana fuori dall’Ilva. Il piano industriale dell’azienda è stato disatteso nei numeri, nella prospettiva di rilancio e non ha proiezione futura. Questo per via di errori macroscopici di figure apicali e di contingenze macroeconomiche legate al mercato dell’acciaio. I dazi, il calo produttivo di Paesi come la Germania e la crisi dell’automotive hanno fatto il resto. Questa è una multinazionale che accampa scuse strumentali e prende in giro lo Stato”.
Calenda: “Tutta colpa di Matteo Renzi”
Il Governo, che sembra aver ritrovato unità dopo gli stalli dei giorni scorsi, procede per una linea univoca. Smentite le voci circa il tentativo dell’ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi, di realizzare una cordata alternativa coinvolgendo la società Jindal, già proprietaria delle acciaierie di Piombino. Come spiega RaiNews, a chiarire la situazione è stato proprio il senatore di Italia Viva ai microfoni di Radio 1 Rai: “Io non sono al lavoro per una cordata. Su queste vicende il populismo arriva al punto di negare la realtà”. Poi in serata con un tweet aveva espresso pubblicamente il sostegno all’azione del Governo Conte: “Togliamo alibi a Mittal e noi siamo pronti sullo scudo penale. Ma quando Conte dice che Mitttal deve onorare il contratto, noi siamo con il Premier. Se recede paga Mittal, non lo Stato. Stiamo con chi cerca lavoro non chi cerca visibilità”.
Ma mentre pesa come un macigno il silenzio dei vertici del Movimento 5 Stelle, stamane, ospite de “L’aria che tira”, l’ex Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, come riportato da Libero, torna all’attacco dell’ex premier: “Questo è un errore madornale di Matteo Renzi, che ha votato l’emendamento Lezzi, ecco perchè lui adesso la butta in caciara. C’è stata una gara e Jindal è amico di Renzi da tanti anni. Il rischio è che se va via ArcelorMittal e mettiamo Jindal garantendogli lo scudo penale ArcelorMittal ci fa causa. Il cazzeggio di questi giorni sull’acciaieria è una roba invereconda. La fabbrica più importante d’Europa per l’acciaio, più importante del Mezzogiorno, l’investimento più rilevante degli ultimi 40 anni nel Sud salta per le ambizioni politiche di Barbara Lezzi”.
Fonte: Repubblica, RaiNews, La7, Ansa