L’annucio della Mittal sancisce la definitiva sconfitta della linea del Ministro Luigi Di Maio su Taranto e sullo stabilimento dell’Ilva. Un fallimento che potrebbe costare caro al capo politico pentastellato. Adesso si cerca una soluzione per salvare quasi 11.000 posti di lavoro.
La lettera di recesso del contratto con cui la Mittal annuncia la fine della gestione dello stabilimento Ilva di Taranto, pubblicata integralmente dal Corriere della Sera, apre una nuova crisi nel sistema industriale del Paese. L’amministratore delegato Lucia Morselli scrive, nella lettera indirizzata ai commissari straordinari Ardito, Danovi e Lupo, dell’intenzione del colosso dell’acciaio di riaffidare nelle mani dello Stato lo stabilimento, ad un anno esatto dalla presa in carico degli impianti. Per la Mittal sono venute meno delle condizioni fondamentali per il prosieguo della lavorazione: in primo luogo, da un punto di vista ambientale, la conversione in legge del Decreto Imprese, che sancisce la decadenza dell’immunità penale. In secondo luogo, quello che l’azienda chiama “generale clima di ostilità“, che rende impossibile la gestione dell’azienda. E terzo, per ciò che concerne la produzione, la mancata adozione delle prescrizioni di sicurezza che potrebbe portare a breve alla chiusura dell’altoforno 2. A rischio quasi 11.000 posti di lavoro, tra Ilva ed aziende dell’indotto, una vera catastrofe per l’industria italiana ed in particolare per la già stagnante produzione nel Mezzogiorno.
Per l’azienda il provvedimento del Governo, che prevede la soppressione del immunità penale ed amministrativa che fu concessa all’Ilva in relazione all’attuazione del Piano Ambientale, è un ostacolo giuridico troppo alto da sormontare. La cancellazione della norma, prevista nel Decreto Imprese, fortemente voluta dal Movimento Cinque Stelle ed in particolar modo dal Ministro Luigi Di Maio, non permetterebbe alla Mittal la realizzazione del Piano nonchè il prosieguo dell’attività di produzione. Inoltre l’azienda parla di iniziative e di dichiarazioni, da parte di istituzioni ed amministrazioni, favorevoli alla riconversione dell’area, che non farebbero altro che minare la stabilità e la credibilità del loro progetto industriale. Un riferimento chiaro al M5S, in particolare della sezione tarantina che ha visto dimettersi tutti i consiglieri seduti nell’assise comunale, che avevano chiesto a gran voce la riqualificazione dell’area prima dell’assegnazione dello stabilimento.
La crisi Mittal è in cima all’agenda del Governo, ma per il Ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli, l’immunità richiesta dalla Mittal, nonostante la lettera e le motivazioni dell’azienda, non tornerà. Una posizione che ha colto di sorpresa il Partito Democratico, che non ha perso l’occasione di attaccare l’alleato di Governo. Per il capogruppo dem al Senato, Andrea Marcucci: “Patuanelli nel Consiglio dei Ministri ci aveva assicurato che non ci sarebbero state conseguenze sull’impegno della Mittal”. Intanto Matteo Renzi, così come anticipato dalle colonne di Repubblica, è al lavoro per un’alternativa alla Mittal, senza il coinvolgimento di PD e M5S, nella quale dovrebbero ritrovarsi Sanjjan Jindal, già proprietario delle ex acciaierie Zucchini di Piombino e il gruppo Arvedi di Cremona.
Per l’opposizione, il disastro Mittal era stato ampiamente previsto. Il leader della Lega Matteo Salvini, ha dichiarato che: “Se dovesse essere confermata la chiusura e il licenziamento degli operai questo Governo dovrà andare dimettersi ed andare a casa”. Il Movimento 5 Stelle non deve soltanto difendersi dagli attacchi dell’alleato di Governo e dall’opposizione, ma anche dagli stessi iscritti. Il Ministro degli Esteri Luigi di Maio, capo politico dei pentastellati, come rivelato da Il Giornale è sotto assedio. Lo è, in verità, dalle elezioni europee. La crisi interna e le lotte intestine si sono fatte cruente proprio con la nascita del Governo Conte Bis. Era stato proprio Di Maio, in una riunione tenutasi a Taranto, lo scorso 28 aprile, a rassicurare le associazioni presenti, che il lavoro sarebbe stato salvaguardato insieme alla realizzazione del Piano Ambientale. Rassicurazioni che Di Maio aveva portato anche in Consiglio dei Ministri, chiedendo agli alleati di Governo di sostenere il Decreto Imprese ed al contempo di affidarsi alla Mittal. Cosa che puntualmente è avvenuta, con l’ausilio del Partito Democratico e di Italia Viva. Ora l’annuncio della chiusura dell’Ilva potrebbe essere l’occasione per il rovesciamento dei rapporti di forza all’interno del M5S. Come spiega l’ex Ministro del Sud Barbara Lezzi: “Non si può andare a Taranto e parlare di reinserire lo scudo penale per i proprietari dell’Ilva. Sarebbe uno schiaffo a una citta che non lo merita. Taranto aspetta da anni una soluzione definitiva, senza che nessuno sia stato in grado di fornirla. Neanche noi”.
Per la città di Taranto potrebbe essere il colpo definitivo. L’arcivescovo della città, monsignor Filippo Santoro, ha definito l’annuncio della Mittal: “Una calamità sociale, un disastro. Che va ad aggiungersi a quello ambientale”. Una fabbrica che rappresenta, nel bene e nel male, il più grande indotto della città. Qui, nelle elezioni politiche del 2018, il Movimento 5 Stelle, raccolse quasi il 48%, con la promessa della bonifica e della riqualificazione industriale. Promessa mai mantenuta, poichè appena insediatosi, il Ministro Di Maio non fece altro che chiudere la trattativa, avviata già dal suo predecessore Carlo Calenda, proprio con la Mittal. I sindacati intanto preparano una grande manifestazione, che vorrebbero portare nel cuore di Roma, contro la decisione dell’azienda e per chiedere al Governo un impegno serio e rapido per lo stabilimento. Per il Segretario nazionale della Fim Cisl, Marco Bentivogli: “Il pasticcio Salva-Imprese sullo scudo penale è un capolavoro di incompetenza e pavidità politica: non disinnesca una bomba ambientale ed unisce ad essa un’altra bomba, quella sociale”.
L’ex Ministro dello Sviluppo Economico, nonchè fautore dell’accordo con la Mittal, Carlo Calenda, ha attaccato pesantemente il Governo Conte. Con un post pubblicato sulla sua pagina facebook, l’ex Ministro del Governo Gentiloni, si è scagliato contro l’attuale maggioranza: “Vorrei solo dire a chi ha votato contro lo scudo penale, Partito Democratico e Italia Viva, che siete degli irresponsabili. Avete distrutto il lavoro di anni e mandato via dal Suda un investitore da 4,2 miliardi di euro per i vostri giochini politici da quattro soldi”. Poi Calenda, che già offrì in passato il suo aiuto a Luigi Di Maio, allora appena approdato al MISE, tende la mano al Presidente Giuseppe Conte: “Caro Giuseppe Conte io non avrei mai accettato di fare il Ministro di un Governo che ritenevo e ritengo sbagliato. Ma se per ipotesi sulle crisi aziendali, Ilva, Whirlpool o Alcoa etc.., servisse un aiuto, sarei pronto immediatamente a dare una mano”.
Fonte: Repubblica, Corriere della Sera, Il Giornale, Carlo Calenda FB
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