Un’inchiesta dagli USA rischia di dare il colpo di grazia al premier Giuseppe Conte

Giuseppe Conte è finito al centro di un articolo del quotidiano britannico che ha avanzato l’ipotesi di conflitto d’interesse per il Premier.

Conte Financial Times - Leggilo

Giuseppe Conte potrebbe vedersi profilare la possibilità di un conflitto di interessi? I fatti su cui sta indagando il Vaticano risalgono al 2013 quando – come riporta Il Corriere della Sera – il Vaticano acquistò una proprietà a Londra in Sloane Avenue numero 60, nel cuore di Chelsea, famoso quartiere di lusso. L’abitazione dovrebbe valere l’equivalente di 160 milioni di dollari sottoscritti nel giugno del 2013 dalla segreteria di Stato vaticana attraverso il fondo di investimento lussemburghese Athena del finanziere Raffaele Mincione. Questi soldi però – a trasferire la proprietà del palazzo – non sono mai stati restituiti quando nel 2018 il fondo viene liquidato. Ora, attraverso un articolo del Financial Times, viene tirato in ballo il presidente del consiglio, Giuseppe Conte, per alcuni incarichi professionali legati proprio a questo caso poche settimane prima di diventare Primo Ministro del governo giallo verde, Lega – Movimento 5 Stelle.

Giuseppe Conte: “Sono Tranquillissimo”

Secondo il quotidiano britannico “Un fondo di investimento sostenuto dal Vaticano al centro di un’indagine sulla corruzione finanziaria era alla base di un gruppo di investitori che assunse Giuseppe Conte per lavorare ad un accordo”. E si tratta proprio dell’Athena Global Opportunities, gestito dal finanziare Raffaele Mincione. Come riporta lo stesso Mincione in un’intervista al Corriere della Sera, l’unico investitore del fondo Athena era la Segreteria di Stato Vaticana, con 200 milioni di dollari, pari a circa 147 milioni dell’ottobre 2013. Di questa cifra, circa 80 vengono utilizzati per rilevare il 45% del palazzo (a vendere le quote è proprio Mincione) mentre il resto viene utilizzato per investimenti mobiliari,su tre titoli in borsa: Banca Carige, Tas – società che si occupa di pagamenti digitali – e Retelit, una società di telecomunicazioni che gestisce anche una rete in fibra ottica.

Mincione stesso spiega al Corriere di aver scalato queste tre società — soprattutto Tas e Retelit — con i soldi del Vaticano. Nel 2018 – quando il fondo è stato liquidato – al finanziere va un conguaglio di 44 milioni di euro in contanti mentre il Vaticano si tiene il palazzo.

È il Financial Times a ricordare il ruolo di Conte in questa vicenda. E’ lo stesso Mincione a dire in un’intervista al Corriere del gennaio 2019 come ha fatto ad ingaggiare Conte: “Noi abbiamo chiesto sul tema Retelit un parere a uno studio legale che ci ha suggerito il nome di un avvocato che aveva la nostra stessa scuola di pensiero. Era quello di Conte, che non era ancora nessuno ma dopo l’opinione è diventato primo ministro. Uno deve pur lavorare, no? Io Conte non l’ho mai incontrato, non lo conosco, non gli ho mai dato un incarico, lo ha fatto uno dei miei collaboratori”.

Conte emette infatti un parere giuridico a favore di Fiber 4.0, una cordata di azionisti di Retelit capitanata al 40% da Athena: “Nel maggio 2018 – scrive il foglio della City – Conte è stato ingaggiato per una consulenza legale dal gruppo Fiber 4.0. il cui principale investitore è l’Athena Global Opportunities Fund” . Il fondo “era impegnato in una battaglia per il controllo della compagnia di telecomunicazioni italiana Retelit“. Il fondo, tuttavia, non ne ottenne il controllo perché gli azionisti a Mincione, preferirono due investitori stranieri: la tedesca Shareholder Value Management e la compagnia di telecomunicazioni libica. E Conte, nel suo parere legale del 14 maggio, ottenuto dal Ft, scrisse che il “voto” degli azionisti “poteva essere annullato se Retelit fosse stata collocata sotto le regole del golden power, che permettono al governo italiano di stoppare il controllo straniero di compagnie considerati strategiche a livello nazionale”, ricorda il quotidiano britannico. Il 7 giugno 2018 ll neonato governo Conte emana il decreto che applica a Retelit il golden power, dichiarandone strategiche le attività.

Una nota di Palazzo Chigi riportata dall’ Ansa fa sapere che Conte è “tranquillissimo” in merito alla vicenda sul presunto collegamento al fondo di investimenti sostenuto dal Vaticano al centro appunto dell’indagine: “Per evitare ogni possibile conflitto di interesse, il presidente Conte si è astenuto anche formalmente da ogni decisione circa l’esercizio della golden Power. In particolare non ha preso parte al Consiglio dei Ministri del 7 giugno 2018 – nel corso del quale è stato deliberato l’esercizio dei poteri di golden Power – astenendosi formalmente e sostanzialmente da qualunque valutazione. Si fa presente che in quell’occasione il presidente conte era impegnato in Canada per il G7. Pertanto non esiste nessun conflitto di interesse, rischio questo che peraltro era già stato paventato all’epoca da alcuni quotidiani. La circostanza era stata già chiarita e, in particolare, era stato già chiarito che Conte non ha mai incontrato né conosciuto il sig. Mincione

Fonte: Financial Times, Corriere della Sera, Ansa

 

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