La Senatrice a vita Liliana Segre chiede che venga istituita una commissione contro il razzismo. “Negli ultimi anni sono aumentati razzismo, intolleranza e fenomeni di neofascismo”.
Forse non brilla per presenze in Parlamento, la senatrice a vita Liliana Sagre – risulta una percentuale di assenze, al febbraio di quest’anno, pari 90,83 % secondo l’Eco del Sud – ma le sue iniziative non mancano di essere ben caratterizzate e, in linea di principio, condivisibili. E’ stata presentata nei giorni scorsi in Senato una mozione, firmata proprio dalla senatrice a vita, per l’istituzione di una Commissione straordinaria per il contrasto del razzismo, dell’intolleranza, dell’antisemitismo e per la lotta contro l’istigazione all’odio e alla violenza. La Commissione dovrà essere composta da 25 membri e il suo compito consisterà nel proporre iniziative volte a contrastare fenomeni di intolleranza, razzismo, istigazione all’odio e violenza basati su etnia, religione, provenienza, orientamento sessuale o identità di genere. Si è puntato il dito, in particolare, sulla necessità di contrastare l’hate speech. Nel testo di questa mozione presentata da Liliana Segre si fa esplicito riferimento a situazioni attuali dove, a detta della senatrice, si è riscontrato un aumento dei fenomeni di odio a tutti i livelli. Come riporta Fanpage, la senatrice sostiene che nella sfera di hate speech e di incitamento all’odio debbano rientrare anche “sostenere azioni come l’espulsione di un determinato gruppo di persone dal Paese o la distribuzione di materiale offensivo verso determinati gruppi“. Già lo scorso settembre – riferisce Open – la senatrice Segre aveva accusato l’ex Ministro dell’Interno Matteo Salvini di strumentalizzare simboli religiosi per diffondere razzismo e intolleranza. E, nell’esprimere il suo consenso al nuovo governo Conte Bis, aveva pronunciato queste parole “Vorrei che questo nuovo governo fosse consapevole del pericolo che abbiamo corso con la Lega. Occorre ripristinare un terreno di valori condiviso e difendere sempre la democrazia e la solidarietà nati dalla Costituzione e dalla Resistenza”.
Ad oggi l’Italia non ha una normativa chiara in merito. Le leggi a cui si è fatto riferimento fino ad ora sono due: la n. 654 del del 3 ottobre 1975 sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale; e il decreto legge n. 122 del 26 aprile 1993, il cosiddetto”decreto Mancino“, che reprime l’incitamento alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Nel 2016, inoltre, è stata approvata la decisione del Consiglio d’Europa, per cui viene attribuita “rilevanza penale alle affermazioni negazioniste della Shoah, ma in genere di tutti gli atti di genocidio e di crimini di guerra e contro l’umanità“. Per quanto riguarda l’hate speech non esiste ancora una definizione normativa chiara. Fino ad oggi ci si è limitati a valutare le situazioni caso per caso. E questo ha dato adito ad interpretazioni e valutazioni arbitrarie del fenomeno. Basti pensare a quanto accaduto durante l’ultimo raduno della Lega a Pontida dove il giornalista Gad Lerner è stato definito “ebreo”. Lerner, in effetti, è ebreo. Come comportarsi quindi? Aggrapparsi al tono di voce o alle presunte intenzioni di chi proferisce l’appellativo? Decisamente troppo poco per poter infliggere una pena. Servono certamente parametri univoci e trasparenti, uguali per tutti.
Se molti temono per la diffusione di un linguaggio che fomenti odio e discriminazioni, altri temono per una possibile repressione della libertà di espressione. Infatti, il confine, tra ciò che è razzista e ciò che è semplice espressione non condivisa dai più è sempre più labile.
Fonte: Open, Fanpage, Repubblica, Eco del Sud
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