La decisione è presa: si sta per scrivere un altro capitolo della storia della Sinistra. Matteo Renzi lascia il PD, poi telefona a Giuseppe Conte. Il Presidente del Consiglio esprime forti perplessità riguardo a questa scissione.
L’argomento all’ordine del giorno. Tutti parlano della decisione di Matteo Renzi e della conseguente scissione del PD. Di fronte a questa situazione, trapela la perplessità di Giuseppe Conte, chiamato per la seconda volta a guidare il Governo, caratterizzato dall’alleanza tra Dem e Movimento 5 Stelle. Nicola Zingaretti definisce un errore l’addio al partito dell’ex Presidente del Consiglio.
Ma è proprio il premier a dover fare i conti con Renzi e i mutati equilibri parlamentari, nell’immediato. In serata l’ex Segretario del PD ha telefonato al presidente Conte, rassicurandolo riguardo al sostegno nei confronti dell’esecutivo, come riportato dall’Ansa. Conte preferisce non entrare nel merito delle dinamiche di partito, ma teme che si spostino gli equilibri parlamentari. Per il Presidente del Consiglio rimane singolare la scelta dei tempi di questa operazione, annunciata subito dopo il completamento della squadra di governo, come riportato da Il Messaggero. Fosse successo prima, infatti, il premier incaricato avrebbe potuto disporre di un quadro di riferimento più completo per valutare il nuovo progetto di governo e le relative nomine. Queste le considerazioni che arrivano da Palazzo Chigi. Fonti vicine a La Stampa parlano di un Conte particolarmente allibito dalla decisione. Il premier Conte lamenta in privato la scorrettezza politica di Renzi che ha dichiarato di uscire dal PD solo dopo ave ottenuto nomine di suoi fedeli nel Governo. E ora la decisione di lasciare i Dem sembra associata alla volontà di ottenere dal Governo nomine a favore dei fedelissimi per i posti strategici nelle aziende di Stato, e di ottenere comunque maggiore potere politico, come quello di influire sulla scelta del prossimo Presidente della Repubblica. Quindi Renzi avrebbe fatto pressione sull’Esecutivo in due fasi: da appartenente al PD per la nomina di ministri e sottosegretari, da leader politico fuori dal Partito Democratico per far traballare il Governo sui numeri ed ottenere altre nomine alle poltrone per le partecipate di Stato.
Taglia invece corto il leader del Movimento Cinque Stelle, Luigi di Maio, che segna con poche parole un distacco profondo da quello che sta accadendo tra le fila dei suoi alleati politici, quella Sinistra chiamata a governare il Paese insieme ai pentastellati. “Lavoriamo per gli italiani, solo a loro dobbiamo dare risposte” dice Luigi Di Maio che, in buona sostanza, considera la questione come un fatto interno al PD. Sono passati i giorni degli attacchi frontali e delle polemiche con l’ex premier : il cambiamento sempre più radicale dei Cinque Stelle si comprende anche da questo.
Alessandra Curcio
Fonti: Ansa, Il Messaggero, La Stampa