Il Segretario del PD Nicola Zingaretti ha chiuso la Festa dell’Unità di Ravenna promettendo un decisivo cambio di rotta rispetto a Salvini.
Se il governo gialloverde di Lega e Movimento 5 Stelle si era dichiarato del “Cambiamento” ambizioni simili sembra avere il Segretario del Partito Democratico, Nicola Zingaretti, anche se la direzione del cambiamento al momento è incerto e rimane tutto da realizzarsi il “programma” frettolosamente delineato dalle componenti di Maggioranza nei giorni della crisi. Le parole del premier Conte sono misurate quanto vaghe, per adesso. E allora si va per sensazioni. E le sensazioni, a giudicare dall’atmosfera trovata alla Festa dell’Unità di Ravenna, è di un certo, sentimentale, ritorno al passato. Per ora emergono alcuni aspetti iconografici, nostalgici che fanno ben capire come il costante tema del “fascismo” – fuori tempo massimo e tuttavia sempre rievocato dalla Sinistra – altro non è che la ricerca, per contrapposizione, della propria identità perduta.
Negli ultimi 14 mesi il PD non ha mancato di associare la figura di Matteo Salvini ad un ritorno del’Italia ai tempi del totalitarismo. Ipotesi improbabile, peraltro, perché se totalitarismo sarà certo avrà modi e finalità del tutto diversi, e ben dissimulati. Sia come sia, per ora il popolo di Sinistra vede un Esecutivo al potere e ama pensare che qualcosa, di quella storia – la tutela dei deboli, i diritti dei lavoratori – è ancora patrimonio vivo dell’odierno PD o, tornerà ad esserlo. C’è da sperarlo, a costo di morire disperati. Il Segretario s’imbarcamene in tutto questo, tra suggestioni del passato – certo non gradite ai renziani – e ambiziose promesse. E’ stato accolto Ravenna con storici canti popolari come “Bella Ciao” e “Bandiera rossa“. E non era solo. Sembrava il premier ombra, piuttosto, perché si è presentato con uno stuolo di nuovi ministri. Al seguito di Zingaretti c’erano Roberto Gualtieri, Dario Franceschini, Enzo Amendola, Peppe provenzano e Paola De Micheli. Non potevano mancare anche Paolo Gentiloni, futuro commissario europeo e Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia Romagna. Sembrava avessero vinto le elezioni, quando in realtà hanno assestato, per ora, un abile colpo di mano dopo il clamoroso passo falso di Matteo Salvini. E’ stato il destino e la fortuna, a favorirli forse, almeno fino ad adesso.
Il fratello del Commissario Montalbano poco più di un mese fa diceva “Mai con il Movimento Cinque Stelle” e Luigi Di Maio diceva “Mai con il PD“. Solo gli ingenui non avevano capito che si trattava di vero amore. Il Segretario parla ora di un’unione più che legittima: il Governo gialloverde era nato dall’incontro tra la prima e la terza forza di governo, stando ai risultati delle elezioni di marzo 2018. Il Governo giallorosso, invece, vedrebbe l’unione della prima forza di governo con la seconda. Come dire: il PD si riprende ora il posto che gli spetta.
Un ragionamento lineare, anche troppo perchè la realtà non è così semplice. Il Segretario non sembra tener conto del mutamento avvenuto in questi 14 mesi di governo dove, tanto alle Europee quanto alle Regionali, gli italiani non sono mostrati poco benevoli verso il PD e ancor meno verso i Cinque Stelle, con esiti delle Amministrative che sono state altrettante sberle per il Partito Democratico e per il Movimento. E invece eccolo lì, il Segretario, come se avesse davvero chiesto il voto agli italiani – e non solo il ristretto circolo Rousseau – e avesse vinto le elezioni a mani basse. Come se avesse vinto le elezioni proponendo un’impossibile alleanza PD – Movimento Cinque Stelle. Invece la storia è stata un’altra. Sia come sia. La fantasia è al potere, si diceva un tempo. Il popolo di Sinistra può lavorare d’immaginazione e far finta che il 4 marzo dello scorso anno l’esito fu diverso e che Salvini non sia stato altro che un brutto sogno.
Così, in sintonia con i cori e le aspettative di chi lo ha accolto, Zingaretti non esita a promettere una decisiva inversione di rotta. I timori dei leghisti di veder andare in fumo i provvedimenti passati in questi 14 mesi non sembrano privi di fondamenta. “Ora cambia tutto” scrive Repubblica. Basta populismo, sottolinea Rainews, e basta, in primis, al clima di odio e di paura che avrebbe invaso e pervaso l’Italia grazie a Salvini, come ha sostenuto neanche troppo tra le righe il Segretario. Sembrano a rischio, dunque, la Legge sulla Legittima Difesa e le Politiche sui migranti. A Ravenna si promette di superare il Trattato di Dublino ma non si spiega come. La parola “autonomia“, probabilmente, scomparirà dal vocabolario per i prossimi mesi.
E non poteva mancare qualche parola sulle Politiche per il lavoro, in ricordo della Sinistra che fu. Sì a incentivi per le imprese e per lo sviluppo economico, ha detto ancora Zingaretti. Tasse più basse ma solo per le classi più povere, ha continuato il Segretario, ma no alla Flat Tax, spauracchio degli storici nemici del liberismo. Nel programma della Sinistra entra ora l’ambiente, forse per rassicurare l’elettorato del M5S, da sempre sensibile a un tema che, tuttavia, resta giusto accennato. Zingaretti non si è risparmiato una chiusura europeista per confermare la vocazione cosmopolita del PD, partito aperto, accogliente e di ampie vedute a quanto pare. Il Segretario, documenta l’Agenzia Vista, non esita a parlare di un’Europa sovranazionale che significherà l’addio ad ogni velleità sovranista. E si spinge oltre, prevedendo nel futuro prossimo un Presidente d’Europa eletto dai cittadini dell’Unione. Insomma: con il PD di nuovo al Governo ci sarà, certamente, più Europa in Italia, sembrano significare le sue parole. Parole, appunto, come quelle pronunciate poco più di un mese fa, quando sembrava voler andare al voto. Ma si sa, tutto passa. E i cori e le bandiere rosse sono lì a ricordarcelo, per quanto fingano che esista ancora una Sinistra degna di questo nome. Tutto passa, anche Nicola Zingaretti. E un certo Matteo Renzi, che meditava di lasciare il PD e sembra ora sul punto di ripensarci, sembra averlo capito benissimo,
Fonte: Agenzia Vista, Rainews, Repubblica
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