Periodo nero per il leader della Lega: dopo aver visto il varo del nuovo esecutivo a guida di Conte, la Procura di Roma ha aperto un fascicolo a seguito della denuncia per diffamazione presentata da Carola Rackete.
Un lungo braccio di ferro che aveva tenuto tutti col fiato sospeso. Matteo Salvini, ex ministro dell’Interno, si era opposto con ogni mezzo allo sbarco sul territorio italiano dei migranti a bordo della Sea Watch 3, capitanata da Carola Rackete. La ragazza tedesca aveva poi denunciato a Luglio il leader della Lega, per diffamazione, a causa delle parole che quest’ultimo le aveva rivolto. Nelle scorse settimane, la Procura di Roma ha proceduto all’iscrizione e ha inviato gli atti a Milano, città di residenza di salvini, per competenza territoriale.
Il diretto interessato ha subito commentato l’accaduto sui suoi profili social, mostrandosi determinato ad andare avanti, come ha dichiarato anche a proposito del nuovo Governo, di cui non fa parte.
Nella denuncia della Rackete si chiedeva proprio il sequestro degli account social di Matteo Salvini, ed erano riportati alcuni post dell’ex ministro e alcuni commenti di utenti contro la comandante. Il rappresentante legale della giovane, Alessandro Gamberini, aveva precisato che le parole di Salvini “lungi dall’essere manifestazioni di un legittimo diritto di critica, sono state aggressioni gratuite e diffamatorie con toni minacciosi diretti e indiretti“. Nella querela erano citate tutte le espressioni offensive: “sbruffoncella”, “fuorilegge”, “delinquente”, autrice di un atto “criminale”, responsabile di un tentato omicidio in quanto “avrei provato a ammazzare cinque militari italiani”, “complice dei trafficanti di esseri umani”.
Salvini avrebbe usato questi epiteti come “un puro strumento propagandistico e istigatorio di un ‘discorso dell’odio’, che travolge ogni richiamo alla funzione istituzionale“. Secondo Carola, sottolinea La Stampa, queste affermazioni “non solo hanno leso gravemente il mio onore e la mia reputazione, ma mettono a rischio la mia incolumità, finendo per istigare il pubblico dei suoi lettori a commettere ulteriori reati nei miei confronti“.
Alessandra Curcio