Claudio Foti, psicoterapeuta e direttore scientifico della onlus “Hansel e Gretel”, coinvolta nell’inchiesta “Angeli e Demoni” sui presunti affidi illeciti di Bibbiano, ha parlato a seguito della revoca degli arresti domiciliari.
Ieri il Tribunale del Riesame di Bologna ha revocato gli arresti domiciliari a Claudio Foti, psicoterapeuta e direttore scientifico di “Hansel e Gretel“, la onlus coinvolta nell’inchiesta “Angeli e Demoni“, riguardante i presunti affidi illeciti di bambini effettuati nel comune di Bibbiano, in provincia a Reggio Emilia. Come riportato dall’Ansa, a carico del 68enne rimane solo l’obbligo di dimora all’interno del comune di Pinerolo, in provincia di Torino.
Foti doveva rispondere di abuso d’ufficio in concorso e di manipolazione della mente di una bimba nel corso delle sedute di psicoterapia; accusa, quest’ultima, decaduta. Soddisfatto, dunque, l’indagato che dalle colonne del Corriere della Sera ha così commentato il provvedimento che lo ha riguardato: “Per fortuna il diavolo fa le pentole e non i coperchi, e la grazia del Signore mi ha consentito di ricordarmi che io quegli incontri li avevo registrati. Venti ore di filmati per 15 sedute mi hanno salvato”, ha spiegato lo psicoterapeuta.
“Il Tribunale ha preso atto del fatto che la mia terapia era basata sul rispetto empatico, che non vi erano elementi di induzione, né una concentrazione forsennata sull’abuso – ha proseguito – Sono filmati inequivocabili: smentiscono clamorosamente le testimonianze contro di me, come quella della madre della ragazza, che ha cambiato le carte in tavola. Era stata lei a descrivere una situazione di abusi reiterati”.
Stando all’accusa, Foti si sarebbe vestito da mostro o da lupo per spaventare una bambina, farle così raccontare violenze mai avvenute ed infine affidarla, a seguito di un pagamento, a una nuova famiglia: “Un aspetto della ‘bufala’ nei miei confronti, è che mi hanno indagato per aver trattato una paziente come ‘una cavia’. La verità è che noi avevamo vinto un bando dell’Asl di Reggio Emilia, che prescriveva un’attività di formazione di un gruppo di psicoterapeuti della stessa Asl, i quali avrebbero dovuto assistere alle sedute in una stanza con una videocamera a circuito chiuso. Una modalità che si usa in tutto il mondo. C’era il consenso della madre e di tutti gli interessati”.
Ed ha spiegato: “Non so davvero perché tutto ciò sia accaduto, credo che le persone della Procura che mi hanno accusato siano state animate dal desiderio di cercare la verità. Ma talvolta, la verità, la si cerca in modo sbagliato. Hanno detto a noi che eravamo verificazionisti, eppure, forse, lo sono stati loro: hanno trasformato in teorema qualcosa che non c’era”.
Infine per quanto riguarda il “danno di immagine” subito dalla onlus “Hansel e Gretel”, Foti ha sostenuto: “I pregiudizi si fossilizzano, sarà difficile uscirne. Ma ripartiremo certamente, prepareremo un documentario. Io scriverò un libro su questo, ho già iniziato. A 68 anni sarà il mio primo romanzo, finora ho pubblicato saggi. Proverò a tradurre cosa ho provato per un dovere di verità nei confronti di chi mi è stato vicino”.
Fonte: Ansa, Corriere della Sera
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