Khadim Diop, uno dei 42 migranti della Sea Watch, ha parlato a Lampedusa della capitana Carola Rackete e del Ministro dell’Interno, Matteo Salvini.
Il racconto di Khadim Dip – rilasciato a Giorgia Orlandi, inviata di EuroNews a Lampedusa – è una fotografia di quanto accade sulla imbarcazioni delle Ong. 24 anni, è stato uno dei migranti a bordo della Sea Watch. Racconta così l’odissea vissuta a bordo: “Sì, non c’era molto cibo, solo cuscus. Molte persone stavano male. Non è stato facile, ma questa donna, il Capitano Carola Rackete, ci ha dato coraggio, non si è mai arresa e ha tenuto alto il nostro morale. L’unica cosa di cui avevamo paura è di essere rispediti in Libia. Ma lei ci diceva sempre di non preoccuparci, che non saremmo tornati indietro ma che ci avrebbe portato a destinazione“. Anche per Khadim, la trentunenne tedesca è un’eroina: “È una brava ragazza, l’Unione Europea dovrebbe lodarla. Ha dato tutto, quando sono arrivati i libici per riportarci indietro lei ha resistito. Ci sono state delle discussioni, ma lei si è opposta”.
Tuttavia, la posizione del naufrago nei confronti di Matteo Salvini non è di contrasto: “Lo conosco. In realtà credo che in parte abbia ragione. Vuole che l’Europa faccia la sua parte sui migranti. La Germania deve prenderne una quota, così come la Francia e gli altri Paesi. Non si può lasciare fare tutto all’Italia. C’è crisi ovunque, non è facile per nessuno”. Il ventiquattrenne ha raccontato poi i giri che si nascondono dietro l’immigrazione clandestina: “Certo che c’è un sistema. Assieme a me c’erano più di 300 persone. A Ben Whalid tutti sanno cosa succede, è questo che fanno, vendono persone: neri ma non solo, anche egiziani, tunisini. Portano le persone in una casa isolata, poi le prendono una alla volta e le portano in una stanza con il telefono. Ci sono cavi elettrici ovunque. Quindi ti dicono: chiama i tuoi genitori e fatti mandare del denaro contante. Se non lo fai, ti picchiano, possono persino ucciderti – ha ammesso il senegalese – Tu cerchi di dire di no, non lo faccio, ma loro cominciano a picchiarti, così finisci per fare quella telefonata. Appena comincia la chiamata, usano i cavi per darti la scossa ai piedi. Ti fanno urlare dal dolore. I genitori al telefono sentendo quelle urla si spaventano, è così che li convincono a pagare”.
Fonte: EuroNews
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