Carola Rackete è stata arrestata in flagranza di reato e attualmente si trova nella caserma delle Fiamme Gialle di Lampedusa per formalizzare il verbale. Andrà a processo per direttissima.
Carola Rackete sapeva ciò a cui andava incontro. Sapeva che, decidendo di entrare in acque italiane, la situazione si sarebbe messa male. Probabilmente, quando giorni fa ha deciso di forzare il blocco posto dal Viminale sperava che dal Governo qualcuno cedesse sulla concessione di un porto dove sbarcare. Ma così non è stato. Salvini ha tenuto il punto e, per questo, ci sono stati altri giorni di stallo. Fino a quando, ieri sera, la capitana ha deciso di entrare nel porto di Lampedusa, dopo 3 giorni ferma al largo dell’isola e a circa 17 da quando aveva soccorso decine di migranti in acque libiche. A bordo 40 di profughi: questi sono stati tutti sbarcati, mentre lei è stata immediatamente arrestata in flagranza di reato dai militari della Guardia di Finanza.
Cosa accade, ora, alla Capitana che ha diviso l’Italia? Al momento, la Rackete si trova ancora nei locali della caserma delle Fiamme Gialle di Lampedusa, per formalizzare il verbale. Andrà agli arresti domiciliari: le accuse a suo carico sono di violenza a nave da guerra e tentato naufragio per aver speronato e danneggiato una motovedetta delle Fiamme Gialle. Come informa Il Sole 24 ore, entro 48 ore si dovrà svolgere l’interrogatorio di garanzia davanti al gip di Agrigento che avrà 48 ore per la convalida del provvedimento.
Molto probabilmente, la 31enne tedesca andrà a processo per direttissima: indagata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e rifiuto di obbedienza a nave militare, rischia una condanna da 3 a 10 anni per aver violato l’articolo 1100 del codice della navigazione. Per il “tentato naufragio” la pena prevista è da uno a cinque anni.
Le leggi di riferimento che potrebbero determinare il futuro di Carola Rackete sono tre: il decreto sicurezza bis; il codice della navigazione e il codice penale. Il provvedimento voluto da Matteo Salvini, infatti, introduce una sanzione amministrativa per chi forza il blocco disposto a protezione dei confini. Sanzione che, dopo il sequestro della nave, potrà oscillare dai 20mila euro fino ai 50mila, nel caso in cui la somma non venisse versata entro i termini. La giovane comandante potrebbe anche rispondere del delitto di sancito dall’articolo 650 del codice penale, punito con l’arresto fino a 3 mesi. Il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina potrebbe essere punito fino a 15 anni di reclusione. A disciplinare il mancato rispetto del blocco navale sono anche due norme del codice della navigazione: l’articolo 1099, che punisce con una pena fino a due anni chi rifiuta obbedienza a navi da guerra; e l’articolo 1100 che sanziona con una pena massima di 10 anni il comandante o l’ufficiale della nave che commette atti di resistenza o di violenza contro una nave da guerra nazionale.
Fonte: Il Sole 24 ore