Un nuovo appello lanciato dall’Onu per far sbarcare i migranti della Sea Watch. Intanto, in altri parti del mondo, le popolazioni povere vivono momenti di terrore.
Come informa l’agenzia Fides, il Governo dell’Eritrea ha ordinato alla Chiesa cattolica di consegnare allo Stato tutti i centri sanitari gestiti dalla Chiesa, firmando un documento per il passaggio di proprietà. Di fronte al rifiuto, il Governo ha deciso di chiuderli e ha sgomberato il personale. Una scelta commentata così da Padre Mussie Zerai, sacerdote eritreo, secondo quanto riporta Avvenire: “Sembra di essere tornati al 1982 quando il regime del terrore di Menghistu Hailemariam confiscava molti beni della Chiesa cattolica, compreso conventi, scuole, centri medici, con l’uso della forza bruta. Anche l’attuale regime si è presentato nei conventi di suore dove si trovavano molti di questi centri medici, ha messo sigilli, buttando fuori il personale, pazienti e terrorizzando religiosi e religiose che cercavano di difendere il loro servizio offerto al popolo”.
La Chiesa cattolica gestisce in Eritrea circa 40, tra ospedali e centri sanitari, messi tutti a servizio della popolazione e fornendo cure gratuite. Privare la Chiesa di queste simili istituzioni vuol dire intaccare la sua stessa esistenza ed esporre alla persecuzione i suoi servitori, i religiosi, e i laici, lamentano i Vescovi. Ad essere colpiti dalla chiusura sono i più poveri, come gli afar, popolazione nomade della Dancalia, che sono stati privati dell’unico centro medico della regione gestito da alcune suore. Solo la Chiesa si prende cura delle donne e dei bambini nelle aree rurali dell’Eritrea e per questo la popolazione ne risentirà. La chiusura delle strutture mediche viene interpretata come una ritorsione da parte del regime di Isaias Afewerki, contro la Chiesa che aveva chiesto, in un accordo di pace firmato con l’Etiopia, un processo di riconciliazione nazionale che garantisse la giustizia sociale.
Come riporta la Bbc, la Chiesa ha inviato una lettera al Ministero della Salute lamentando che in questo modo lo “stato di diritto” non viene rispettato. Nel 1982, quando l’Eritrea non era ancora indipendente il governo marxista fece qualcosa di simile e vietò l’accesso a conventi, scuole e cliniche. La Costituzione del 1997, a sua volta, dovrebbe garantire i diritti civili ed umani ma non è mai stata applicata realmente. Da anni, infatti, il Regime sfrutta la scusa delle tensioni con l’Etiopia per sfruttare i cittadini: tutti gli eritrei di 17 anni, infatti, sono obbligati alla circoscrizione obbligatoria, senza scadenza. Per questi molti scappano, altri vengono perseguitati. La libertà di culto è limitatissima e i cristiani vengono spesso incarcerati, come in Nigeria.
Potrebbe intervenire l’Unione Europea, o l’Onu, per opporsi ad uno Stato che assomiglia sempre più ad un Regime. Invece Bruxelles stanzia fondi per la ricostruzione delle strade – i cui lavori vengono effettuati da lavoratori sfruttati e tace sui diritti. Quanto all’Onu, l’unico pensiero sembra la Sea Watch: “L’Italia ha la responsabilità di far sbarcare queste persone”, riporta l’Ansa, “nessuno dovrebbe tornare nella Libia scossa dalla guerra. Questi disperati devono essere sbarcati, è un obbligo sancito dalle norme internazionali”. Così, la portavoce dell’agenzia Onu per i rifugiati Babar Baloch, in un ultimo comunicato rilasciato sull’imbarcazione dell’Ong tedesca, battente bandiera olandese, in nave ormai da più di 10 giorni.
Fonte: Agenzia Fides, Avvenire, Bbc, Ansa
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