Calenda, un anno fa: “Il Decreto dignità esempio di incompetenza e populismo”. Ora ci ripensa

Carlo Calenda, ex ministro dello Sviluppo economico sotto i governi Renzi e Gentiloni, ammette come il Decreto Dignità abbia portato a trasformazioni positive. In passato aveva definito la norma “un mix di incompetenza e populismo”.

Calenda Decreto Dignità sta avendo effetti positivi - Leggilo

Il PD nel caso, dopo la nomina della nuova segreteria del Partito democratico che ha fatto emergere dissapori e malesseri all’interno dei democratici. Il processo di riorganizzazione ad opera di Nicola Zingaretti sembra aver arginato l’ala renziana nel processo di riorganizzazione e Carlo Calenda, l’ex Ministro dello sviluppo economico durante i Governi Renzi e Gentiloni, si è scagliato contro tutto il partito. “Che schifo. Ma davvero. Mi vergogno di essere andato in giro a chiedere voti per un partito che è incapace di stare insieme anche mentre il Paese va a ramengo”, ha scritto giorni fa su Twitter aprendo lo scontro tra i dem. “Tenterò di ricostruire, farò uno sforzo per ricostruire, in ogni modo, uno spirito unitario. In Italia governa Salvini con politiche economiche, sociali e culturali drammatiche. Non possiamo non cedere che questa deve essere la priorità assoluta. Con questo spirito farò uno sforzo per riaprire un dialogo e verificare le condizioni di un passo avanti insieme, almeno sul terreno della politica e dell’iniziativa politica“, ha affermato Zingaretti provando a mettere pace. Ma la pace per ora è lontana.

A sua volta, Calenda non si frena dal criticare l’azione del nuovo segretario e i risultati raggiunti alle Europee: bisognerebbe, sostiene, investire di più, buttare meno soldi e mantenere un welfare pubblico forte. Tutto questo mantiene uniti gli esponenti del partito, divisi però su altri fronti in cui, in disaccordo, non riescono a trovare un punto d’accordo. Secondo Calenda, infatti – che ha dato sfogo ai suoi pensieri in un video condiviso su Facebook – sono due le cause che hanno portato all’implosione del PD: la vicenda di Luca Lotti e le nomine nella segreteria. E se per il primo punto “è comunque impensabile discutere, quando il Paese si sta sfasciando, sta cadendo in una situazione disastrosa per cui chiude un’azienda al giorno e ci vogliono fuori dall’Europa e dall’euro”, sul secondo punto si può riflettere. C’è possibilità, infatti, di cambiare le cose: “Una parte del partito non si sente rappresentata. Ma c’è qualcosa che non va se una parte dice di voler rimanere fuori e poi si lamenta di essere stata esclusa. Succedeva lo stesso con le minoranze ai tempi di Renzi”, dice nel filmato.

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Il PD dovrebbe essere insomma un “governo ombra” che lavori ad un programma serio che, ad oggi, non esiste, dice Calenda. Così come non esiste un’anima del partito, né una coalizione stabile e decisa. “Le guerre di posizione tra correnti sono insopportabili e rendono impossibile andare a difendere a testa alta le ragioni della democrazia liberale nel periodo più cupo nella storia degli ultimi 50 anni di questo Paese. Dobbiamo formare una linea molto più incisiva, molto più forte e mettere da parte ogni fesseria, perché sono fesserie che ci dividono”, conclude. E se l’ex Ministro è fortemente deluso dall’azione del suo partito in cui tanto, in passato, riponeva speranze, l’ultimo post condiviso sul suo profilo Twitter sembra apprezzare il M5S.

Quel Decreto Dignità, definito in passato un “mix di incompetenza e populismo” – disse a La Stampa il 6 luglio 2018 – la norma di Di Maio starebbe ora invece avendo effetti positivi sulle conversioni dei contratti. A distanza di un anno, Calenda ha ammesso che la misura ha avuto effetti positivi sulle trasformazioni dei contratti da tempo determinato a stabile. “Personalmente non sono così convinto. Secondo me il decreto dignità sta avendo effetti positivi sulle conversioni dei contratti”, ha scritto su Twitter, “Più di quel che pensavo. Insieme però ad effetti drammatici su mancati rinnovi. Va approfondito bene. Manteniamoci oggettivi. Sempre”

La riflessione arriva il giorno dopo la pubblicazione dei dati delle comunicazioni obbligatorie al Ministero del Lavoro. Come informa l’Ansa, prosegue la crescita dell’occupazione dipendente, che nel primo trimestre 2019 registra un saldo positivo di 138 mila posizioni, rispetto al quarto trimestre 2018. In particolare, le posizioni a tempo indeterminato sono aumentate di 207mila, rispetto ai tre mesi precedenti, mentre quelle a tempo determinato si sono ridotte di 69mila. La crescita dei posti stabili e il calo di quelli precari sono influenzate dal “notevole aumento delle trasformazioni a tempo indeterminato (+223mila, +55%) che raggiungono il livello massimo della serie storica“, si legge nel rapporto. E Di Maio, che ha visto le reticenze dell’Ocse e dell’Istat sul salario minimo, su Facebook, esulta per un risultato di cui aveva proprio bisogno per provare a riscattare la sua posizione. “Ci hanno attaccato in ogni modo, hanno profetizzato l’Apocalisse. Ecco i dati reali: in Italia ci sono più persone con un lavoro e soprattutto con un lavoro di qualità, perché aumentano anche i contratti stabili, che danno la possibilità di progettare la propria vita. Questo è il senso di tutto, specie per i giovani: progettare un futuro!”, scrive su Facebook. E ancora, prosegue il post: “Ecco come stiamo cambiando il Paese con il Decreto Dignità e questo è un messaggio che dovrebbe arrivare alle malelingue, quelle che dicevano, tra le altre cose, che con questo decreto avremmo distrutto l’Italia. Forse abbiamo distrutto il loro giocattolo, quello dei precari e degli sfruttati!“. Poi ribadisce l’idea di un salario minimo: “I prossimi passi: giù le tasse, lotta agli evasori e subito il salario minimo, perché è inaccettabile che ci siano milioni di persone che prendono ancora 3 o 4 euro l’ora! Siamo in un Paese civile, dove deve esistere il lavoro, ma non a qualunque costo. Non a prezzo della dignità”.

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Chiara Feleppa

Fonte: Twitter Carlo Calenda, Facebook Carlo Calenda, La Stampa, Ansa, Facebook Luigi Di Maio

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