Carola Rakete, il capitano della Sea Watch 3, ha ribadito di non voler riportare i migranti in Libia e ha indicato come porto sicuro Lampedusa. L’offensiva con Salvini prosegue, specie dopo la notifica di divieto di ingresso in acque italiane.
Continua il contrasto tra il Viminale e la Ong Sea Watch 3, ancora in acqua dopo aver disobbedito alle indicazioni fornite dalla Guardia costiera libica che aveva indicato Tripoli come porto sicuro per i migranti. Salvini può contare delle disposizioni permesse dal Decreto Sicurezza bis e vietare l’ingresso dell’imbarcazione in acque italiane. Sabato scorso il Governo ha infatti firmato “il divieto di ingresso, transito e sosta alla nave Sea Watch 3 nelle acque italiane“, atto notificato dagli uomini della Guardia di Finanza alla comandante dell’imbarcazione.
Giorgia Linardi – la portavoce della Sea Watch 3 – ha fatto sapere che la Ong non avrebbe nessuna intenzione di riportare i migranti indietro in un porto non sicuro, altrimenti lo staff “commetterebbe un crimine per cui l’Italia è già stata condannata, ovvero quello del respingimento collettivo“. Il riferimento è alla sentenza del 2009 della Corte Europea dei Diritti dell’uomo che aveva sanzionato l’Italia proprio per aver rimandato in Libia un gruppo di migranti soccorsi in mare.
E ribadisce di non sembra disposta a cedere il capitano della nave, Carola Rakete. Trentuno anni, parlando con Repubblica ha fatto sapere di non aver ancora preso nessuna decisione e di attendere disposizioni date dal legale. “Lampedusa rimane il porto sicuro più vicino al punto dove abbiamo effettuato il salvataggio”, ha detto dopo che nella notte la Guardia di Finanza è salita a bordo per notificare il divieto di ingresso in acque italiane. “Non li riporterò mai in Libia, queste persone sono sotto la mia responsabilità. Alcune hanno sulla pelle i segni della tortura e sul corpo quelli dell’abuso sessuale”, ha concluso.
Fonte: Repubblica, Twitter Sea Watch Italy
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