Ci sono voluti quasi 14 anni prima che un Giudice togliesse ogni dubbio su una coppia di genitori, accusati di violenze sulla figlia.
Il verdetto è finalmente arrivato, dopo un’attesa estenuante, lo scorso 11 giugno. Una donna e il suo ex compagno sono stati assolti dalle accuse a loro carico dalla Corte d’Appello di Roma. Il fatto non sussiste: nessuno dei due ha violentato la figlia di lei nel lontano 2006 e non è questo il caso, per fortuna, dei vari episodi di stupro a cui le cronache purtroppo ci abituano. La vicenda, raccontata dal Corriere della Sera, era cominciata quando la bambina aveva solo 6 anni, ben 14 anni fa. Anna – nome di fantasia – ha 47 anni e in primo grado era stata ritenuta colpevole di aver abusato, insieme al suo ex compagno, della figlia. Per questo, entrambi erano stati condannati a 5 anni di reclusione e oggi racconta: “Dopo 13 anni e mezzo è ora di chiudere questa storia per sempre. Ce la vogliamo lasciare tutti alle spalle. Lo chiamava papà, vivevamo insieme da quando lei era molto piccola e abbiamo continuato a farlo, finché la nostra vita non è cambiata per sempre”.
Tutto ha inizio la sera del 28 gennaio 2006, quando i Carabinieri arrivano a casa mentre lei sta preparando la cena. “Ho lasciato tutto com’era: la cipolla sulla padella, la tavola apparecchiata, io in pigiama. Ci hanno detto di seguirli in caserma senza spiegarci nulla. Siamo andati in tre: io, il mio compagno e mia figlia. Lei non piangeva nemmeno: ci guardava e non capiva”. Poi, all’improvviso, la separazione. I genitori in una stanza a formalizzare l’arresto, la piccola prima da un’altra parte della caserma, poi al pronto soccorso, quindi in Casa Famiglia e infine affidata alla nonna, ma con il divieto di frequentare madre e patrigno. Un distacco che si è protratto per tre anni.
Anna spiega che “la cosa più brutta non è stata il carcere: ho fatto 37 giorni in isolamento tra Civitavecchia e Rebibbia, incidevo piccole tacche sul muro per contare i giorni e le ore. Poi ci sono stati gli 11 mesi ai domiciliari. Ma nulla mi è pesato come perdere tre anni con mia figlia: l’avevo lasciata a 6 anni, l’ho ripresa a 9. Non è stato facile recuperare, anche se eravamo felici di esserci ritrovate. Ci hanno distrutto un pezzo di vita che non ritorna”. Nessun incontro con la bimba, impossibile vederla anche in presenza degli assistenti sociali. “Dovevo telefonare a mia madre per sapere dove sarebbero andate durante la giornata e capire quali luoghi dovevo evitare. Se avessi incrociato per caso mia figlia avrei avuto l’istinto di correrle incontro, invece dovevo scappare. E se lei mi avesse vista? Come glielo spieghi a una bambina che sua madre deve starle lontana?”.
La denuncia
Le accuse sono scattate dopo la denuncia da parte della badante di una vicina di casa, preoccupata per i pianti della bambina che sentiva provenire dalla camera da letto della coppia; poi per i passi dei genitori che la inseguivano e infine dai lamenti di lei con frasi “inequivocabilmente significative”, secondo i Giudici di primo grado. Gli inquirenti seguono l’indagine e inseriscono nella casa della coppia alcune microspie. Dai documenti dell’inchiesta si nota come “l’operatore registrava solo le immagini che riteneva importanti, facendo partire e stoppare con un click la registrazione”.
Nelle intercettazioni si vede l’imputato seminudo, prima di andare a fare la doccia, prendere la bambina sul letto e divaricare le sue gambe. La difesa, Claudia Polacchi, Giuliano Migliorati e Alessandro Vitale, però, smentisce questa versione: “Se solo il Tribunale avesse acconsentito alla richiesta, più volte reiterata, di visionare il filmato nella sua interezza avrebbe potuto (e dovuto) vedere che l’imputato si limitava a spingere la bambina per i piedi per farle fare capriole all’indietro. Il tutto per una frazione di secondo”. Nessun riscontro di abusi nemmeno nel corso delle visite dei medici sulla bimba. La stessa non fa mai riferimento a violenze sessuali.
Secondo lo psicologo Ugo Sabatello, l’unico abuso è stato quello “istituzionale” in quanto la bambina all’epoca si sarebbe depressa per colpa dell’allontanamento dai genitori. Ora la figlia di Anna è prossima al diploma e vive con la mamma. Anna e il compagno si sono lasciati. “Mia madre, la nonna a cui mia figlia era stata affidata, si è ammalata di tumore ed è morta. Non ha potuto assistere alla mia assoluzione, né vedere la fine di questo incubo”. Un calvario che potrebbe non essere concluso nel caso in cui si andrà in Cassazione. Ma l’avvocato Polacchi dichiara: “Siamo fiduciosi: la Corte conosce perfettamente il fascicolo e questo ci fa sperare che le motivazioni di questa sentenza coraggiosa, di assoluzione piena, saranno dettagliate e precise. Noi siamo stati convinti fin dall’inizio della loro innocenza: pensavamo non si sarebbe mai arrivati a una condanna, neppure in primo grado. La vicenda di Anna e del suo ex fa riflettere: nella loro situazione potrebbe trovarsi chiunque”. Pianto liberatorio da parte di Anna e dei suoi legali dopo la sentenza. “La prima cosa che ho fatto è stata chiamare mia figlia, che era come sollevata di potersi liberare di una scocciatura: «Oh! – mi ha detto con un sospiro – finalmente ricominciamo!»”. L’accusa si propone di ricorrere in Cassazione per l’annullamento delle sentenza che ha scagionato la coppia, informa TgCom24 ma i difensori ora si dichiarano ottimisti.
Fonte: Corriere della Sera, TgCom24