Sara Pezzetto, vice procuratore onorario di Aostia, ha chiesto al Giudice di pace l’archiviazione dell’indagine per diffamazione a carico del gestore del bar Cafè des Guides di Courmayeur, aperta dopo una querela di un 48enne, originario di Caserta ma residente a Milano.
Diversa valutazione se l’oggetto delle frasi discriminatorie sono i napoletani, almeno secondo i magistrati di Aosta. Mesi fa si parlò di una sentenza dove i giudici avevano ritenuto impossibile un reato di stupro per la scarsa avvenenza, a parer loro, della vittima. Ora un pronunciamento sulla pretesa disonestà dei partenopei non lascia perplessi almeno quanto le altre sentenze.
Tutto è nato da una frase che non è piaciuta, pronunciata dal gestore di un bar di Courmayeur nei confronti di un cliente. I fatti risalgono al 26 gennaio scorso. Il turista, entrato nel locale insieme ai suoi figli piccoli, ha chiesto di poter vedere la partita Milan Napoli e ha avuto una risposta seccata: “A noi i napoletani non piacciono e le partite del Napoli non le facciamo vedere”, avrebbe risposto il barista. Il cliente, dopo aver portato i bambini fuori dal bar, è rientrato chiedendo spiegazioni. A quel punto, l’uomo ha rincarato la dose: “Non ci piacciono i napoletani perché sono tutti ladri, perché quando ci sono dei napoletani nel locale fanno sempre casino e spesso rubano i soldi dalla cassa”.
Di conseguenza, il 48enne ha sporto denuncia nei confronti del barista ed è partita un’indagine. Secondo il proprietario del bar, Nicholas Borghi, il suo dipendente avrebbe negato di aver pronunciato le frasi incriminate. “Ci tacciano di essere razzisti ma non è così. Il mio dipendente è di nazionalità argentina ed è soprannominato Maradona”, ha detto Borghi. Per il vice procuratore onorario di Aosta, Sara Pezzetto, non si è trattato di diffamazione, né di ingiuria, in quanto l’offeso era presente, informa Tgcom24. Così, è stato richiesto al Giudice di pace l’archiviazione dell’indagine a carico del gestore del bar Cafè des Guides di Courmayeur. Inoltre, in base a una sentenza della Cassazione, non si può neppure parlare di”odio razziale o etnico”, dato che manca un “sentimento idoneo a determinare il concreto pericolo di comportamenti discriminatori”. Per il 48enne rimane solo la via del giudizio civile.
Fonte: Tgcom24, Il Fatto Quotidiano
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