Krajewski ha utilizzato nel 2018 circa tre milioni e mezzo di euro per pagare sfratti, bollette, e farmaci, traducendo in azione le direttive del Papa. L’attività elemosiniera del Cardinale è sempre stata fatta così, in silenzio. E allora perché rovinare tutto per un po’ di clamore mediatico?
L’elemosiniere di Papa Francesco, Konrad Krajewski, è l’uomo più chiacchierato del momento. Finito al centro delle cronache per essersi calato nello stabile occupato di via Santa Croce in Gerusalemme, ed aver così ridato la luce ai 450 inquilini morosi, il suo gesto ha dato il via a un fiume di polemiche. Polemiche che mettono al centro della faccenda anche il ruolo, diretto o secondario, di Bergoglio e del Vaticano. Le questioni affrontate sono diverse: dal rapporto Stato e Chiesa, al rispetto della legalità, ai possedimenti immobiliari leonini. Ad oggi, ciò che resta, è una bolletta di 300.000 euro da pagare e un silenzio del vescovo di Roma che sulla questione non si è espresso. Sarà lui il mandante? Prenderà provvedimenti per aver fatto ciò che spetta alle istituzioni?
Un suo tweet sembra però essere stato il primo segnale di risposta a quanto fatto da Krajewski. “Dio si propone, non si impone; illumina, ma non abbaglia”. Troppo facile cogliere un collegamento con la luce, quella fisica, che è tornata ad illuminare il palazzo ex Inpdap. Intanto, emerge che il cardinale Krajewski, che ha responsabilità dell’Elemosineria Apostolica, ha utilizzato nel 2018 circa tre milioni e mezzo di euro per pagare sfratti, bollette, e farmaci, traducendo in azione le direttive del Papa. A parlare di cifre e a difendere l’alto prelato ci pensa l’Avvenire, il giornale dei Vescovi.
Dai bagni e le docce per i clochard poste sotto al Colonnato di San Pietro, al servizio di barberia, al dormitorio aperto nel 2015. Ma anche una lavanderia, i pasti distribuiti ogni martedì e giovedì alle stazioni Termini e Tiburtina, le coperte per l’inverno, le auto lasciate aperte intorno a Via della Conciliazione.
Tra i progetti caritatevoli del Vaticano ci sono anche visite mediche nell’ambulatorio – nato dalla collaborazione con il Servizio sanitario vaticano e l’Associazione di Medicina Solidale – e alcuni inviti ai poveri, come quello di visitare la Cappella Sistina o di andare al circo equestre, al Golden Gala di atletica allo Stadio Olimpio, o a concerti di ogni tipo, come riportato da Vatican News.Per tutte queste attività, si attinge ai proventi delle benedizioni apostoliche a mezzo di diplomi da richiedere all’elemosineria. Un costo minimo che comprende “unicamente le spese di preparazione del diploma e un contributo per la Carità del Papa”.
All’ingresso della sede e nella sala dove si scelgono le pergamene, Francesco ha voluto fossero posti due simboli. Uno è la statua a grandezza naturale di Gesù Barbone avvolto in una coperta e steso su una panchina; l’altra una grande foto che ritrae una signora vestita accuratamente, con addosso una pelliccia, e una clochard che tende la mano. La carità, del resto, dovrebbe essere prerogativa e compito del Vaticano. E allora perché gli immobili di proprietà della Chiesa restano chiusi? E perché, soprattutto, c’era bisogno di un gesto così epocale, se ben consapevole di non passare inosservato? Se la carità si fa in silenzio, allora il gesto dell’elemosiniere c’entra ben poco. O forse, era solo un attacco di natura politica che ha poco a che fare con la religione?
Fonte: Avvenire, Vatican News
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