La donna trovata morta a bordo del Tevere, Imen Chatbouri, è stata uccisa da un uomo, non ancora identificato, che l’ha spinta dal Ponte Sisto. Il tutto è stato ripreso da alcuni filmati.
Nessuno aveva creduto all’ipotesi di un incidente o di un suicidio, quando il corpo di Imen Chatbouri, ex atleta di nazionalità tunisina, era stato ritrovato senza vita nei pressi di Ponte Sisto. La donna, 37 anni, era stata avvistata da un passante circa una settimana fa, la notte tra l’1 e il 2 maggio, con addosso ancora i vestiti, la borsa della palestra accanto e il volto tumefatto e ricoperto di sangue. E infatti, i sospetti di chi la conosceva si sono rivelati fondati. Qualcuno l’ha spinta giù, dal parapetto del lungotevere, facendola precipitare al suolo dopo una caduta di venti metri. Questo è quanto risulta dai filmati delle videocamere della zona, dove si vede un uomo spingerla. Un uomo con cui era uscita quella sera, trascorrendo del tempo in un bar a piazza Venezia, come riportato dall’Ansa. Poi, i due si erano separati ma lui l’aveva seguita, fino a Trastevere. E lei, dopo essersi fermata un attimo a guardare il Tevere, è stata scaraventata giù proprio da quell’uomo con cui era uscita poco prima. Il killer ha sceso le scale, arrivando vicino al suo corpo, sistemandole la borsa dietro la testa forse per inscenare una rapina o un suicidio.
In queste ore il Pm Antonio Verdi e il Procuratore aggiunto Maria Monteleone sono al lavoro per rintracciare il colpevole di cui non è ancora nota l’identità. L’accusa è di omicidio volontario premeditato e gli inquirenti stanno passando a setaccio la vita della donna per risalire a probabili piste. La vittima, dopo una separazione dal marito e un passato burrascoso, aveva trovato un nuovo lavoro in palestra, come istruttrice. Viveva a Montesacro e sembrava, pian piano, stare mettendo a posto la sua vita.
“Mia sorella“, ha raccontato Souhir Chatbri, “divideva l’appartamento con un ragazzo portoghese, che ci ha fatto conoscere con una videochiamata. Ci siamo presentati ma non abbiamo approfondito. Imen voleva farci vedere dove viveva anche per tranquillizzarci. Ci ha ripetuto che era una soluzione provvisoria e che voleva mettere dei soldi da parte per poi andare in una casa in affitto da sola. E ormai era solo questione di tempo perché aveva trovato il lavoro nella palestra ed era veramente contenta. Sentiva che finalmente le cose stavano girando per il verso giusto”.
Imen, però, non aveva un fidanzato perché, sempre secondo la sorella, lei l’avrebbe saputo, come riportato da Repubblica. Invece, quest’ultima non era a conoscenza di frequentazioni, di minacce o di qualcuno che potesse importunarla. “Noi non abbiamo mai creduto al suicidio e adesso vogliamo la verità. Vogliamo sapere chi è stato a ucciderla. Imen merita giustizia”, conclude Souhir.
Fonti: Ansa, Repubblica