Il Salone del libro di Torino 2019 sembra essersi trasformato in un vero e proprio scontro fra case editrici, mandando all’aria il tema dell’anno che esorta a riflettere su come “la cultura non contempla linee divisorie”. Lo spirito di controversia non sembra abbandonare l’evento.
Il Ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini ha scelto Altaforte, la casa editrice vicina a CasaPound, per pubblicare il suo libro – tra i top ten politici più venduti di Amazon – “Io sono Matteo Salvini, intervista allo specchio“. La presenza dello stand al “Salone del Libro” di Torino è il motivo per cui in molti, tra cui il fumettista Zerocalcare, notoriamente partigiano, hanno deciso di non prendere parte all’evento, come riportato da Rai News: “Mi è davvero impossibile pensare di rimanere 3 giorni seduto a pochi metri dai sodali di chi ha accoltellato i miei fratelli, incrociarli ogni volta che vado a pisciare facendo finta che sia tutto normale”. C’è chi, invece, come il direttore della fiera Nicola Lagioia, con spirito forzatamente democratico, accetta pur mal volentieri la presenza dell’editore di Altaforte.
Il suo nome è Francesco Polacchi, e risponde con estrema franchezza, come riportato da Il Corriere della Sera, a chi ha deciso di non presentarsi inasprendo ancor di più le polemiche: “Io sono fascista. E l’antifascismo è il vero male di questo Paese. Eravamo pronti alle polemiche ma non a questo livello allucinante di cattiverie. C’è addirittura chi sui social ha scritto che verrà a Torino per tirarci le molotov… Noi ci saremo perché ora è anche una questione di principio”.
E se il Vicepremier Luigi Di Maio deve difendersi in questi giorni dalle accuse di limitare la libertà d’espressione, l’atteggiamento sembra essere comune nel Movimento: tre consiglieri torinesi pentastellati hanno infatti chiesto di cacciare la casa editrice di destra dal Salone in quanto “la nostra città è medaglia d’oro al valor militare per la Resistenza”. Queste le parole di Damiano Carretto, Maura Paoli e Daniela Albano.
E tra polemiche e opposizioni, c’è anche chi decide di andare al Salone del Libro come forma di resistenza alle idee politiche di uno specifico individuo, Matteo Salvini. Se “Cento domande all’uomo più discusso d’Europa” è il testo che accompagna la presentazione del libro sul sito della casa editrice Altaforte, allora Michela Murgia dà credito allo slogan, perché ancora una volta decide di parlare di quel fannullone del Ministro dell’Interno:
“Se CasaPound mette un picchetto nel mio quartiere che faccio, me ne vado dal quartiere? Se Forza Nuova si candida alle elezioni io che faccio, straccio la tessera elettorale e rinuncio al mio diritto di voto? Se la Lega Governa il paese chiedo forse la cittadinanza altrove? No. Non lo faccio” – scrive sul suo profilo Facebook. “Al Salone del libro di Torino io ci andrò. Lo faremo non “nonostante” la presenza di case editrici di matrice dichiaratamente neofascista, ma proprio “a motivo” della loro presenza. Siamo convinti che i presidi non vadano abbandonati, né si debbano cedere gli spazi di incontro e di confronto che ancora ci restano. Ci sono casi in cui l’assenza non ci sembra la risposta culturalmente più efficace. Per questo motivo non lasceremo ai fascisti lo spazio fisico e simbolico del più importante appuntamento editoriale d’Italia”.
La scrittrice sarda non perde occasione, nuovamente, per attaccare il leghista e propinare il suo “antisalvinismo”, anche dove non sarebbe affatto necessario. Dopotutto, un libro è un prodotto editoriale che ognuno è libero di acquistare o meno. L’ hashtag lanciato dalla stessa scrittrice su Twitter è: “iovadoaTorino”.
Un invito però, che dovrebbe essere neutro ed esortare a godere dell’evento; non una forma di resistenza ed opposizione, ma un fare presente che la vera libertà prevede la coesistenza di opinioni contrastanti. La vera libertà contempla anche quella di scelta, e quest’ultima spetta a chi si reca al Salone del Libro da visitatore.
Fonti: Rai News, Il Corriere della Sera, Twitter Michela Murgia
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