Secondo uno studio dell’Oms sarebbe basso il rischio che i migranti possano trasmettere malattie infettive dalle proprie Nazioni di provenienza ai Paesi ospitanti, molto più alto che si ammalino una volta arrivati.
L’Oms – Organizzazione mondiale della sanitàm un’agenzia speciale, dell’ONU – torna ancora una volta a parlare di migranti. Il nuovo rapporto, stilato in collaborazione con l’Inmp – Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà – vuole dimostrare come non corrisponderebbe al vero il fatto che gli immigrati portino malattie infettive dai propri Paesi di provenienza. “La maggior parte dei rifugiati e dei migranti possono essere più vulnerabili alle malattie infettive sia nei luoghi di origine, sia di transito che di destinazione. Ma è anche vero che emerge un rischio molto basso di trasmissione di queste malattie alla popolazione dei Paesi ospitanti”.
Lo studio difatti spiega come la maggior parte di coloro che giungono nei Paesi europei è sostanzialmente in buona salute, confermando l’ipotesi del “migrante sano“, legata alle buone condizioni di tali individui alla partenza. Molte malattie non trasmissibili, come obesità e diabete, hanno tassi di prevalenza più bassi tra i rifugiati e i migranti appena giunti rispetto alla popolazione che li ospita, ma i due tassi iniziano a convergere man mano che aumenta la durata del soggiorno del migrante nel Paese. In sostanza, i migranti si ammalerebbero una volta giunti in Europa. Nel rapporto emerge anche un altro dato: sono più frequenti gli incidenti nei luoghi di lavoro per i migranti rispetto ai cittadini residenti, così come per le donne immigrate sarebbe più elevato il rischio di interruzioni di gravidanze una volta giunte in Europa.
Il rapporto infine sottolinea che i migranti “sono poi più esposti a depressione e sindrome da stress post traumatico, un problema che riguarda fino al 36% dei rifugiati e al 2% dei migranti”, mentre sarebbero maggiori i casi di malattie infettive rispetto agli europei. Nemmeno la tubercolosi avrebbe maggiore incidenza tra gli immigrati, visto che solo il 30% dei nuovi casi li riguarderebbe. In Italia, invece, sarebbe restato costante il numero di casi negli ultimi 15 anni.
Fonte: Oms
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