La sentrice Liliana Segre contro il Ministro della Mala Vita, direbbe Roberto Saviano. Il 25 Aprile Matteo Salvini l’ha trascorso a Corleone, in Sicilia, lontanto dalle commemorazioni ufficiali o, almeno, da quelle più in vista. Certo, qualsiasi cosa avesse detto o fatto, ad avere qualcosa da ridire sarebbero stati in molti – o in pochi, a seconda dei punti di vista.
“Ognuno passa il 25 Aprile come vuole” aveva detto il leader della Lega; “vestito come vuole, senza polemica. Ma credo sia giusto che il ministro dell’Interno vada in Sicilia a combattere la Mafia”. E poco prima: “La lotta a Camorra, ‘Ndrangheta e Mafia è la nostra ragione di vita. Il 25 Aprile non sarò a sfilare qua o là, fazzoletti rossi, fazzoletti verdi, neri, gialli e bianchi. Vado a Corleone a sostenere le forze dell’ordine nel cuore della Sicilia“. Non proprio un’eresia, detta da un Ministro dell’Interno, come riportato dall’Ansa. Ma non poteva mancare il giornale mainstream che va a cercare una voce di dissenso per ripetere il mantra di chi vuole vedere nell’avversario politico l’Uomo Nero da additare come origine dei mali.
Un copione stantìo che questa volta il Corriere – altre volte Repubblica o La Stampa, cambia poco – non si è stancato di compiere, ad nauseam. A regalare le dichiarazioni di rito, da usare contro chi dissente l’omologazione vista da Sinistra, ci ha pensato questa volta la senatrice a vita Liliana Segre chiamata a glossare le dichiarazioni di Salvini sul 25 Aprile: “Chi fa politica non può ignorare la Storia. Deve averla studiata. Con ognuna di queste dichiarazioni chi ha dato la vita muore una volta di più. – ha detto, nascondendo offese pesanti, e ingiustificate, in parole apparentemente calme – Non penso solo ai partigiani ma anche ai militari italiani, morti di stenti, malattie, in un campo di concentramento, pur di non aderire alla Repubblica Sociale“. Ora la domanda da porsi è: cosa c’entrano questi garbati insulti con le parole di un Ministro che si reca in Sicilia?
Ma il Corriere non bastava: anche Repubblica ha chiesto ed ha ottenuto. Lei non si è tirata indietro, con le belle parole di rito. Liliana Segre ha ribadito la necessità di conoscere la Storia per “comprendere cosa è stato il depauperamento mentale di masse di italiani e tedeschi indottrinate dai totalitarismi fascista e nazista. Chi ignora il passato è più facilmente plasmabile. E non oppone resistenza – ha detto la senatrice – Leggo con preoccupazione che alla festa della Liberazione si preferisca una cerimonia di altro genere. Rimango esterrefatta, ma non importa se qualche ministro resterà a casa. Sono sicura che domani saremo in tanti a provare la stessa emozione civile“. Una polemica sul nulla, tanto per alzare polvere, che rende poco merito ad una figura così autorevole. Lialiana Segre non è Gino Strada che, illividito dal rancore contro il Governo, non esita a definire Salvini un fascista. Non è un Andrea Camilleri, che tenta una goffa similitudine tra il Ministro e i gerarchi fascisti, no. Lilana Segre è una testimone della Shoah che viene strumentalizzata per il solito scopo. Le viene chiesto, in apparenza, di sottolineare i valori dell’Unità: di fatto viene usata per polemizzare sommessamente, sottolineare. E, quindi, per dividere.
E certo Liliana Segre non ha mancato di parlare dell’incendio doloso ad una statua dedicata a Giulia Lombardi, partigiana uccisa dai fascisti nel 1944. Strani questi incendi e queste provocazioni, sempre lì a ricordarci che ci sono i “fascisti” alla vigilia di ricorrenze importanti come il Giorno della Memoria o il 25 aprile. Sembra un copione di comodo, in realtà, per chi ama stracciarsi le vesti dinanzi a pericoli inesistenti. La senatrice la pensa diversamente e dice: “Non possiamo sempre ridurre tutto all’ignoranza. È il bisogno di odiare che muove certa gente. Appena messo piede in Senato – ha continuato, dimenticandosi di odiare Salvini e quelli come lui – mi sono battuta per una legge contro l’hate speech. L’odio torna a galla in contesti molto diversi. Per strada, su Internet soprattutto”. Si è dimenticata, la senatrice, di un suo intervento, al varo del Governo, dove vaticinava su un’inesistente, irreale pericolo fascista. Un discorso pericolosamente prossimo al ridicolo, quasi uno sfregio verso la sua storia personale e di chi, come lei quell’incubo l’ha vissuto e combattuto davvero. Quando era reale, non immaginario. Qualcuno a Sinistra usa la paura, anche degli ultimi sopravvissuti, per soffiare sul fuoco. E’ un peccato vedere sempre rinnovato il gioco pavido e cinico di questo antifascismo da operetta. Ed è un peccato, grave, usare indegnamente anche lei, Liliana Segre, persona degnissima.
Fonti: Ansa, Corriere della Sera, Repubblica