Matteo Renzi contro tutti o, almeno, contro i molti che hanno parlato male di lui. Lui ha paralto male un po’ di tutti, con le sue interminabili dirette FB e usando tutti i registri espressivi a sua disposzione: l’ironia, il sarcasmo, il vero e proprio attacco verble a testa bassa.
Perchè Matteo con le parole ci sa fare ma da un po’di tempo a questa parte – da quando la perdita del potere gli ha regalato più tempo da spendere di quanto non ne avesse prima – è molto attento alle parole degli altri. Deve ancora attendere prima di tornare in auge come politico. Pensa allora sia giunto il momento di passare all’incasso su fronte giudiziario. Per qualche parola di troppo. Lui è quello che si presentò sulla scena politica maggiore dicendo di voler “rottamare” un’intera classe dirigente. E’ finità con lui che ha rottamato l’intero partito, il PD, in una manciata di anni. Ma quel verbo “rottamare” che di solito lo si usa per cose brutte e vecchie, nascondeva una violenza d’intenti che, polticamente è diventata reale. Un’espressione che, se fosse stata usata da CasaPound, avrebbe fatto venire i brividi. Se la usasse Matteo Salvini farebbe storcere la bocca a molti. Ma lui, l’altro Matteo. è un po’ come Saviano, al secolo Roberto. Possono dire – o meglio si concedono – parole ed espressioni proibite ad altri.
Quindi Matteo è offeso, o fa l’offeso. E dire che la sua capacità di fare buon viso, e d’incassare senza accusare il colpo, erano sicuri segni di una certa capacità di tenuta, personale e poltica. Ora non sembra più in grado di trarre buona energia dalla sua rabbiosa ambizione. Capita a tutti di invecchiare. Il buon Matteo non fa eccezione.
A febbraio, durante la presentazione del suo libro ‘Un’altra strada‘, l’ex premier aveva annunciato che presto tutti coloro i quali avevano offeso la sua onorabilità per mezzo stampa, sui media e sui social avrebbero pagato le conseguenze delle loro azioni. Dopo quella anticipazione non si era saputo più nulla. Forse perché, quasi in concomitanza con quelle parole, si tornò a parlare repentinamente dei guai giudiziari dei suoi genitori. La notizia prese – inevitabilmente – la scena tanto da oscurare l’annuncio di Renzi jr. Uno smacco doppio, per l’ex premier, che vedeva il suo piatto diventare da freddo ad indigesto.
Ma ha saputo attendere, Matteo, e oggi ha finalmente diramato i nominativi dei primi dieci destinatari delle sue querele, come fosse una lista di proscrizione di Lucio Cornelio Silla. Un posto d’onore è dato all’aereo di Stato, passato alle cronache come l’Air Force Renzi: uno spreco, un pessimo affare per il quale nessuno ha colpa, sembra. Matteo spiega che aveva promesso di tenere aggiornati tutti e vuole mantenere la parola data, almeno su queste cose, aggiungiamo noi. E così il buon Matteo scrive che saranno chiamati a rispondere:
“Piero Pelù per avermi definito in diretta TV al concertone ‘boy-scout di Licio Gelli’; Marco Travaglio per le immagini offensive in uno studio TV; Il Fatto Quotidiano per avermi attribuito la realizzazione di leggi ‘ad cognatum’; la giornalista Rai Costanza Miriano per aver sostenuto che i bambini morti in mare sono morti per colpa ‘di un porto aperto da Renzi’; lo chef Vissani per avermi definito ‘peggio di Hitler’;l a giornalista D’Eusanio, per avermi insultato in TV; il ministro Trenta e la senatrice Lupo, per le dichiarazioni sull’aereo di Stato; Il Corriere di Caserta per un editoriale ancora sull’aereo di stato; Panorama, sulla vicenda Paita – alluvione di Genova; chi mi ha accusato di essere un ladro per la vicenda banche”.
Alcune doglianze possono essere fondate, altre sembrano – occhio e croce – boutade livorose verso espressioni che rappresentano – piaccia o meno – l’humus su cui si fonda gran parte del gergo politico degli ultimi anni: un atteggimento, un linguaggio ed un frasario che lo stesso Renzi ha contribuito a costruire e che non ha mai censurato quando hanno colpito persone diverse dalla sua suscettibile persona. Poteva dare il buon esempio e non l’ha fatto. Poteva scrivere un post di censura verso un certo Tiziano Renzi, per esempio, che definì “Faccia di merda” un lavoratore di colore che, a torto o a ragione – chiedeva di essere pagato. Non l’ha fatto. Ma su questo tema spinoso le querele sembrano più importanti della credibilità, per il figlio. E si fa meno fatica. E arriva anche un po’ di pubblicità, rischiando qualcosa. Perché nomi, accuse e annunci di querela non dovrebbero essere pubblicati in un post. Questione di stile e non solo. L’ex premier si informi meglio. Forse ha commesso un errore. Un altro.
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Fonti: Facebook Matteo Renzi,