Il giornalista Alan Friedman si è scontrato di recente con Giorgia Meloni, che al Congresso delle famiglie di Verona ha ripreso il motto “Dio, Patria e famiglia”, erroneamente attribuito al fascismo. Ma la lista degli attacchi all’Italia dell’americano è lunga.
Alan Friedman: giornalista, scrittore e conduttore. Lo si ricorda principalmente per due cose: l’accento americano che lo accompagna in tutte le sue frasi – non se la cava neanche male, a dir la verità – e i suoi continui attacchi all’Italia. Anche negli ultimi tempi non sono mancate critiche al nostro Paese: “L’Italia ora è fuorilegge”, aveva detto manifestando la sua completa opposizione al Governo. Un’opposizione spesso pacata e controllata, con una dialettica come pochi, conseguenza, forse, della sua esperienza lavorativa. Un curriculum di tutto rispetto, da corrispondente di prestigiose testate estere: eppure, in tutti questi anni, non ha imparato l’imparzialità. Ha imparato, tuttavia, a vestire i panni dell’antifascista anche quando fascismo non c’è.
Tanto fissato, tanto ostinato nella sua ricerca del male, che scambia fischi per fiaschi e cade, talvolta, nel ridicolo. E’ successo pochi giorni fa, quando il giornalista ha dato prova di disinformazione scambiando il motto “Dio, patria e famiglia” – citato dall’esponente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni al Congresso delle famiglie di Verona – per una citazione fascista. “Che schifo citare il fascismo”, ha twittato il giornalista sul suo social. E la Meloni ha risposto: “E’ Mazzini, ignorante. Studia la storia italiana se vuoi venire a dare lezioni agli italiani”. Un tweet che fa sorridere ma anche disperare in effetti.
Ci avevano provato già, quelli di Sinistra, a difendere l’infelice caduta di stile dell’ex Ministro Monica Cirinnà, che aveva sfilato alla marcia femminista dell’8 marzo, a Roma, con uno slogan: “Dio, Patria, famiglia… che vita di merda”, salvo poi provare a difendersi utilizzando l’alibi del fascismo. Ci hanno riprovato q attaccando Giorgia Meloni: Friedman non è stato il solo. Anche la Repubblica si ostina a definire la citazione frutto del fascismo. Invece, a dirla era stato Giuseppe Mazzini che pensava a valori comuni per saldare una nazione e doveri verso i propri concittadini, la Patria, e Dio.
Alessandra Mussolini contro Friedman
Il fascismo è un’ossessione dei radical, insomma, ed anche di Alan Friedman. Lo dimostrano anche i ripetuti scontri con Alessandra Mussolini. L’ultimo, in ordine di tempo, risale ad ottobre. L’europarlamentare e il giornalista hanno acceso polemica sulla questione dei bambini stranieri esclusi dalla mensa di Lodi e il focus si è poi spostato sulla questione di un lavoratore licenziato dalla Nilfisk, un’azienda di Guardamiglio che aveva annunciato chiusura e delocalizzazione. Solo un pretesto, chiaramente, per accendere il fuoco. I due si mal sopportano ed ospiti entrambi, su la7, non hanno perso occasione di dare spettacolo.
“Lei è la nipote di un dittatore statalista”, le ha detto Friedman. “Io non lo sento proprio, né lo vedo”, ha replicato l’europarlamentare, esibendo il dito medio. I due parlavano della questione mensa ma il giornalista è uscito fuori strada, come sempre, ed è tornato ad attaccare il nostro Paese. “L’Italia che amo e che conosco è un Paese di solidarietà”, commentò ancora Friedman, scatenando la reazione inferocita della Mussolini: “Povero stronzo. Ma perché non te torni in America? Stai in Italia a rompere le cose, ma tornatene in America”.
Un parere condiviso da molti e, in effetti, vista tanta vis polemica, potrebbe prendere in considerazione l’idea.
Il giornalista e Alessandra Mussolini avevano acceso scintille anche precedentemente. I due furono ospiti lo scorso febbraio da Massimo Giletti, a Non è l’Arena, quando si parlava di fascismo e anti-razzismo. Alan Friedman sostenne che, in quanto nipote del Duce, la Mussolini non avrebbe avuto diritto di parlare. Su Twitter Vittorio Feltri, ospite in collegamento, si espresse: “Questo è razzismo o cos’altro?”.
Friedman da Giletti dice che la Mussolini, essendo nipote del Duce, non avrebbe diritto di parlare. Questo è razzismo o cos'altro?
— Vittorio Feltri (@vfeltri) February 11, 2018
Qulche mese fa infierì contro Di Maio senior, dopo che questi si era scusato per le irregolarità della sua azienda di famiglia. “Un’Italia un po’ squallida – disse commentando gli argomenti con cui il padre del Vicepremier aveva spiegato i fatti – un’Italia che non è quella della gente che lavora sodo e paga le tasse. E’ l’Italia di chi fa il furbo e per scusarsi di avere fatto un po’ di nero e un po’ di cose illegali si scusa dicendo di avere famiglia. Un’Italia di bassa lega, di una tristezza incredibile”. Non si ricordano frasi simili rivolte dall’americano alla famiglia Renzi, che si trova coinvolta in vicende non meno disdicevoli.
Insomma, Alan Friedman ha certamente diritto ad essere parziale, ma – e questo è il punto – la riveste di un’imparzialità che crolla non appena finisce in digressioni politico-sociologiche sull’Italia e sugli italiani, rei di non aver votato la Sinistra del suo prediletto Matteo Renzi. Così sbaglia: ad indossare una maschera che non gli appartiene; a fingersi quasi “costretto” ad intervenire su determinate questioni; a nascondersi dietro un’insulsa faziosità. Ma segue la scia, del resto. Non fa nulla di nuovo, né si dissocia dal clima generale che c’è in Italia. O meglio, in quella parte d’Italia che non accetta che le cose siano andate diversamente da come le avevano previste e che fa fatica ad accettare che questo popolo di “stupidi” non li abbia più votati. Non capiscono, non vedono, e preferiscono tirar fuori le solite quattro frasi: il clima di razzismo nato grazie al Vicepremier Matteo Salvini oppure un parallelismo artificioso tra questo status e il fascismo. Idee alle deriva, deviazioni di Sinistra che dipingono la realtà a loro modo, distorcendola. Potrebbero almeno informarsi, però, prima di seguire la massa. Ed Alan Friedman potrebbe pensare di fare le valigie e tornare al suo Paese, se tutto quello che c’è qui gli pesa come una palla da piedi.
Fonti: Twitter Vittorio Feltri, Twitter Ala Friedman, Non è l’Arena