Mentana: “Odioso razzismo, l’assassino di Stefano Leo non è africano”. Ma si sbaglia

Si può commettere un errore. Chi lavora lo sa. Ed Enrico Mentana è uno che dà l’impressione di lavorare, molto. Bene o male lo sa lui. E lui crede di lavorare benissimo, ne siamo certi. E torto non ha. E’ molto riconoscibile, Mentana, e questo è un pregio, per un giornalista. Tra i segni distintivi noti – molte qualità, certo – da qualche tempo si è aggiunto un altro blasone: l’antinazionalismo militante, quasi barricadereo, petto in fuori e parole come grandine. Si crede un baluardo. E forse, a modo suo, lo è.

Enrico Mentana errore su Stefano De Leo - Leggilo

Open, la sua creatura, è giornalismo militante contro il razzismo che ormai dilaga in Italia, questa le tesi sottintesa del giornale e, con questi presupposti, Open ha fatto subito scudo all’eventualità che Stefano Leo, il ragazzo assassinato brutalmente in strada a Torino, il 23 febbraio scorso, potesse essere ucciso da un nordafricano. Open pubblicò un articolo dove la vita spezzata del ragazzo sembrava passare in secondo piano rispetto alla necessità di allontanre l’ipotesi che ad ucciderlo fosse stato un senza tetto, presumibilmente di origine straniera. Sembrava una questione di principio, più che uno scrupolo da bravo cronista.

Mentana in quei giorni scrive sull’omicidio e denuncia: “…subito il tam tam dell’intolleranza più odiosa. Senza nessun elemento sui social si scrive “sgozzato come una capra da un immigrato di colore e altre nefandezze per avvelenare il clima. Ma non è così

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In base a quali informazioni si sostiene che sia un nordafricano? – scriveva Open – La descrizione fornita dai media da un presunto «supertestimone»: un uomo di circa 30 anni, vestito con un giubbotto con una scritta rossa davanti, capelli scuri, rasati da un lato e una coda di capelli ricci sulla nuca, con la pelle olivastra ….” non era abbstanza attendibile per Mentana e i suoi, anzi non lo era affatto: “Il fatto di avere la pelle olivastra implica per qualcuno che sia per forza un nordafricano” scriveva Open che si faceva forte di una fonte più che attendibile. “I Carabinieri ci informano che aveva i capelli normali, forse corti, non aveva i capelli rasta o con le treccine, la carnagione non era scura e non si può sostenere che fosse africano...” scriveva ancora Open, senza fornire alcun riscontro delle pretese informazioni provenienti dall’Arma che smentissero la tesi dello straniero. Un’informazione per sentito dire, o da credere sulla fiducia. Una fiducia che, per qualche privilegio particolare ascritto a Mentana, rendeva la sua ipotesi ipso facto di maggior valore rispetto dichiarazioni di segno contrario. Prerogative della nobilità giornalistica di Mentana o, forse, banale presunzione. La presunzione, anche, di credere che gli inqurenti preferiscono dire tutto a lui, Enrico Mentana, piuttosto che proteggere le fonti e le indagini. Forse è stata solo ingenuità. Decidete voi.

Ma non è così...” scriveva dunque il giornalista dinanzi all’ipotesi del killer di origini nordafricane. E invece è così. Oggi la notizia che l’assassino del ragazzo, ad oltre un mese dall’omicidio, avrebbe confessato. “L’assassino ha 27 anni, ha origini marocchine e si chiama Said Machaouat”. Pare che il giovane abbia deciso di costituirsi perchè sentive gli inquirenti ormai ad un passo da lui. Forse sulla base di identikit e testimonianze che un mese fa Open pretendeva destituite di ogni fondamento.

Ad Enrico Mentana la notizia non deve essere paiciuta molto. Ma sembra fondata o, almeno, non risulta smentita. Ma poco importa. Open scrive, quasi a malincuore: “Ha 27 anni e piccoli precedenti penali, l’uomo che ha ucciso Stefano Leo il 23 febbraio a Torino. Costituendosi, ha anche consegnato l’arma del delitto, un coltello da cucina buttato in una cassetta dell’elettricità in una zona di periferia. Il movente sembra però assente: pare che l’omicidio sia semplicemente stato un gesto di follia” E, finiti i dettagli, Open ha dovuto arrendersi e scrivere: “Il presunto assassino è un ragazzo italiano di origini marocchine.

Così italiano che si chiama Said Machaouat, appunto. E’ sulla trentina ed ha la pelle olivastra, come avevano indicato i testimoni ritenuti da Mentana non attendibili. Da lui nessun tweet. L’articolo, dove peratro viene dato ampio spazio alla “disperazione familiare” di Said come motivo scatenante di un delitto assurdo, basta e avanza. A chi, come la testata Oltrelalinea, aveva rimproverato ad Open di essersi spinto troppo in là nell’escludere che l’autore del delitto fosse un nordafricano Open ribatte con poche righe nelle quali ascrive la responsabilita, di fatto, ai Carabinieri. Con una certa scaltezza la nota di aggiornamento è scritta in fondo al vecchio articolo, non al nuovo. Perchè ricordare ai lettori, proprio il giorno in cui Said ha confessato, di aver commesso un errore?

Non è facile immaginare che, se a risultare colpevole fosse stato un italiano, da Enrico Mentana non sarebbe mancato un tweet di antirazzismo militante. Li conosciamo, questi cinguettii: sono tipici della Sinistra, di una certa Sinistra, in stile Roberto Saviano. Prendono solo le notizie che piacciono, dove l’indignazione e i luoghi comuni, il politicamente corretto, l’allarme contro il razzismo, possono essere ben cuciti e confezionati. Non sono fake news, certo. Il dolo non è provato. Sono architetture e rappresentazioni arbitrarie della realtà. Capita a tutti, certo. Ma alcuni non si credono migliori di altri, almeno.

Fonti: Open, Oltrelalinea, Facebook Enrico Mentana

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