L’arresto di Marcello De Vito sembra essere un segno, dicono, della rottura del M5S. Ma c’è chi, come Matteo Renzi, se ne prende il merito, difendendo il PD come esempio di lealtà e trasparenza mentre Nicola Zingaretti è indagato per finanziamento illecito.
L’arresto di Marcello De Vito, Presidente della giunta capitolina, è stato un fulmine a ciel sereno all’interno del M5S. Secondo i Pm Barbara Zuin e Luigia Spinelli, De Vito avrebbe incassato elargizioni da parte del costruttore Luca Parnasi in cambio della promessa di favorire il progetto di costruzione dello stadio della Roma. Finiti nel mirino degli inquirenti anche il costruttore Luca Parnasi e i fratelli Toti e Giuseppe Statuto, imprenditori, coinvolti in una serie di operazioni corruttive al fine di ottenere provvedimenti favorevoli alla realizzazione di importanti progetti immobiliari, come riportato da La Stampa. In queste ore, i Carabinieri del nucleo investigativo stanno passando al setaccio sia la casa del grillino che gli uffici in Campidoglio, alla ricerca di materiale che possa definire le dinamiche di quanto accaduto.
Di fatto, però, l’arresto di un esponente del Movimento pentastellato ha creato il panico, e c’è chi, parlando di De Vito, lo definisce “l’incarnazione perfetta della doppia anima del M5S”. Doppia anima: vale a dire la sua crisi, il suo momento difficile, i dissapori nati all’interno dello stesso ormai da tempo. Il Movimento sembra non trovarsi mai d’accordo, e appare come un gruppo alimentato da un coacervo di interessi, idee e opinioni troppo distanti, troppo divise per tentare un punto di incontro. Per questo, il gruppo non appare unito, anzi frastagliato: un battello alla deriva così come alla deriva è stata, in queste ultime ore, la nave Mare Jonio della ong Mediterranea Saving Humans, poi attraccata al largo di Lampedusa.
Renzi, responsabile della “rottura” del M5S
Un Movimento che sembra perso e la vicenda di Marcello De Vito, dicono, è come un segno definitivo del totale sfacelo che arriverà a breve. A sentirsi responsabile della rottura – ipotetica e che al momento non c’è, vale ricordarlo – c’è l’ex Premier Matteo Renzi che rivendica – come un diritto unico e degno di lode – l’aver rifiutato un Governo di coalizione M5S-PD. Dopo il suo rifiuto, il Movimento pentastellato si sarebbe gettato tra le braccia della Lega: una sorta di ripiego per ingoiare il boccone amaro di aver perso l’alleanza con Renzi, che a sua volta ne ha rivendicato il merito.
Secondo Renzi e nessun altro, infatti, il consenso del Governo sarebbe in calo soprattutto grazie alla crisi dei pentastellati: “Mai coi 5 Stelle”, disse l’ex Premier ospite da Fabio Fazio. Ne sarebbe seguita, da quella presa di distanza, la distruzione dei 5 Stelle. “Se avessimo fatto quell’alleanza contro natura, l’effetto sarebbe stato la distruzione del PD e la creazione di un bipolarismo 5 Stelle-Lega. Il mio impegno ha permesso di salvare il PD”. E se punti oscuri si aprono sul M5S con la vicenda del consigliere, non è da meno il Partito Democratico. A meno di un mese dall’elezione, il nuovo segretario del PD Nicola Zingaretti non se la spassa meglio. Anche lui, infatti, avrebbe beneficiato di erogazioni per la sua attività politica dall’imprenditore Fabrizio Centofanti, arrestato nel febbraio del 2018. Finanziamento illecito, questa l’accusa da approfondire, che ha acceso gli animi proprio tra i pentastellati.
Manlio Di Stefano, sottosegretario M5s agli Affari esteri, ha invitato il neosegretario a lasciare il nuovo incarico, come riportato dall‘Agi: “Questo sarebbe il nuovo che avanza? Cambiano i segretari ma gli affari oscuri sembrano rimanere di casa nel PD. Zingaretti abbia il pudore di mollare la nuova poltrona”. Un modo, forse, per rispondere a tutte le critiche che contro il M5S si sono mosse e alzate proprio dal PD. I due partiti non si sopportano, è chiaro, ma di certo Matteo Renzi non può vantare di aver fatto meglio, visto che, se il M5S appare diviso, il PD sembra proprio lontano anni luce da un’ipotetica rinascita. Un pessimo inizio, e quella che per Matteo Renzi era una “liberazione” – con l’elezione del nuovo Segretario – si riempie di fango.
Matteo Renzi aveva promesso lealtà e trasparenza: “le scissioni non le abbiamo fatte, le abbiamo subite”, disse l’ex Premier. In lui è grande, dicono, la voglia di vedere il nemico con la faccia nella cenere. Al contempo, si prodiga in una sviolinata a se stesso che non può, e non ha mai potuto, permettersi di fare. Visto che, se il M5S vacilla, il PD è affondato, tempo fa e definitivamente. E proprio ora che qualcuno avrebbe potuto tirarlo su, la barca potrebbbe andare a fondo. Giù, in un mare tempestoso dove qualsiasi risalita appare un’utopia lontana e distante dalla realtà, come le teorie dell’attivista svedese paladina della lotta all’inquinamento, elogiata non a caso a nuova icona simbolo della Sinistra.
Alessandro Signorini
Fonti: Agi, La Stampa