Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, è stato condannato a sei mesi di prigione per aver coperto abusi sessuali di Padre Preynat, come consigliato dal Vaticano.
Un altro caso di abusi arriva a conferma di quanto la pedofilia sia un male sempre più dilagante all’interno della Chiesa. Dopo lo scandalo che ha coinvolto il cardinale Pell ed altri suoi fratelli nella fede, questa volta sotto accusa è finito il cardinale Philippe Barbarin. Attuale arcivescovo di Lione, Barbarin è stato condannato a sei mesi di reclusione per non aver denunciato gli abusi sessuali di padre Bernard Preynat su un gruppo scout molti anni fa, tra il 1970 e il 1980. L’arcivescovo ha preferito tacere per non creare scandali e mantenere solida l’idea di una Chiesa pulita e fedele. Eppure, tutto è venuto a galla.
Il processo contro Barbarin – una delle figure principali della Chiesa cattolica francese – era cominciato il 7 gennaio di quest’anno, a Lione, con l’accusa di aver “coperto padre Bernard Preynat reo confesso di abusi sessuali su oltre 70 minori durante il periodo in cui era responsabile del gruppo scout, tra il 1970 e il 1980”. Supportati dall’associazione “La Parole libérée“, gli ex scout hanno testimoniato accusando di abusi padre Preynat, che non è stato processato. Ma le vittime non si sono arrese di fronte all’archiviazione del caso da parte della Procura. Per questo, hanno presentato denuncia contro chi avrebbe coperto gli abomini del sacerdote, proprio Barbarin.
L’arcivescovo è stato chiamato a comparire in un giudizio diretto, come riportato dall’Agensir. “Non ho mai cercato di nascondere nulla, tanto meno questi fatti orribili“, si è difeso il prelato 68enne davanti al Giudice, spiegando di aver saputo degli abusi di Padre Preynat solo nel 2014, quando una vittima si confidò con lui. Però, per l’avvocato di parte civile, Jean Boudot, il cardinale era a conoscenza dei fatti almeno dal 2010, quando parlò con il prete di alcuni rumors che giravano attorno a lui. Barbarin, sostiene l’accusa, ne sapeva abbastanza per potersi recare in Procura a denunciare, ma non l’ha fatto.
Tra l’altro, a febbraio del 2016, Barbarin aveva fatto pubblicamente mea culpa, chiedendo perdono, e confessando di non aver approfondito la posizione del sacerdote immediatamente dopo aver ricevuto la prima testimonianza di abusi, atti definiti da lui stesso come “indegni del ministero ecclesiale“. Emerge anche che nel 2014, Barbarin avrebbe inoltrato al Vaticano la testimonianza di una vittima, ma gli sarebbe stato chiesta la rimozione del caso. “Per non creare uno scandalo, come mi aveva chiesto Roma, non ho denunciato la cosa”, si è giustificato l’arcivescovo. Uno scambio di lettere avvenuto nel 2015 tra il vescovo e il Vaticano, che gli consigliava di licenziare il prete “evitando lo scandalo pubblico“, sembra dimostrare questa tesi.
Oggi, comunque, il processo si chiude e a Philippe Barbarin tocca pagare l’omertà, come riportato da Il Corriere della Sera. Pierre-Emmanuel, una delle vittime, ha dichiarato che “il processo è un modo per far rispondere di fronte alla giustizia le persone incriminate per fatti come questi e per percepire il problema della pedofilia, dentro e fuori dalla Chiesa”. La mancata denuncia di aggressione sessuale sui minori di 15 anni è classificata dal codice penale francese tra i reati di ostruzione alla giustizia. E se finora il dibattito è rimasto sul piano morale, ci si aspetta, ha riferito il Presidente dell’associazione delle vittime François Devaux, “che la giustizia segua la morale”. Di fatto il porporato, in Francia, incarna pienamente la crisi che la Chiesa sta attraversando in questi giorni pieni di scandali.
Chiara Feleppa
Fonti: Agensir, Il Corriere della Sera