Nicola Zingaretti Segretario del PD con due punti irrinunciabili: più Europa e tutela dei migranti, riprendendo il tema dello Ius Soli, sebbene il solo parlarne abbia affossato i Dem che fuorno di Matteo Renzi.
Un Partito Democratico evanescente ed ancora in flessione con esiti d’affluenza alle Primarie mai così basse. Secondo le stime preliminari fornite dal partito sarebbero andati a votare tra gli 1,7 e gli 1,8 milioni di persone. Chissà se arrivrano mai i dati ufficiali e certificati. Da chi si vedrà. Le aspettative erano disastrose, ma dire che si attendeva un milione di votanti è stato un modo per mettere le mani avanti, dire: “l’affluenza ha superato le aspettative“, brindare al successo e alla rinascita. Il successo può dare alle testa, talvolta. La verità è che il PD, forse archiviata definitivamente l’era Renzi, non ha invertito affatto la tendenza al ribasso e ha fatto registrare la peggior affluenza di sempre. Ma per parlare di “rinascita” occorreva truccare i numeri, come per un falso in bilancio, con l’aiuto improprio di una base elettiva ampliata a dismisura per barare, con minorenni ed extracomunitari ammessi al voto. Una doppiezza ben nota, camuffata da “democrazia”. Certo, i populisti sono gli altri. Avremo i dati di affluenza dei soli iscritti al Partito, quindi al netto dei supporti esterni? E’ poco probabile.
Ora tocca al neo Segretario Nicola Zingaretti, che ha lasciato un segno ben rappresentativo sulla continuità con il recente passato, come riporta: “Mi batterò per lo Ius Soli – ha detto – ma in generale contro il nulla rappresentato dalle politiche migratorie del governo. Siamo nel pieno di una regressione culturale e sociale”. Non si nota niente di nuovo, insomma: la sovraesposizione suicida sul tema migranti che è stata la vera causa, insieme ad un modo di far politica fanfaronesco ed infantile, del crollo verticale degli ultimi anni. Con essa l’altro chiodo fisso: il desiderio di denigrare gli avversari per il solo fatto di essere gli “altri”. Il voler essere coloro che giudicano il “grado di civilità” del Paese.
Siamo ancora nell’orizzione delle politica divisiva, del “noi” e del “loro”. I buoni sentimenti e del politicamente corretto usati come pretesto per nascondere la convinzione intima, irrinunciabile, di essere i migliori, anche se il dato di affluenza degli elettori si dimezza. E c’è anche la sensazione che questo perdere consenso da un lato li fa disperare, i Dem, dall’altro li gratifca nella convinzione di essere pochi ma buoni. Del resto gli “eletti” quali loro si credono, devono essere necessariamente pochi, un manipolo di prodi – con la maiuscola o con la maiuscola fate voi. Abbiamo scritto prodi e non Proci, anche se il lapsus era ad un passo, perchè questi radical chic che vogliono solo i cambiamenti di cui non sentono gli effetti – ma che lasciano gravare sugli altri – talvota assomigliano agli usurpatori della dimora di Ulisse. Si sono impossessati di una casa controversa ma gloriosa, nonostante tutto – la Sinistra – e la fanno da padroni, depauperandola e cantando la morale agli altri.
Nicola Zingaretti non ha un minuto da perdere: deve prepararsi alle europee del 26 Maggio. Ha meno di tre mesi per organizzare la spiattaforma, preparare una strategia, decidere temi, liste e le alleanze. Forse potrà aiutarlo qualche naufragio di migranti, forse lo spread, forse la magistratura con qualche inchiesta. Perchè quella sulla famiglia Renzi non conta, non più. Bruxelles tenterà di aiutare il PD come può, quindi con scorrettezza politica travestita da algida necessità. Ma potrebbe non bastare per evitare un’altra sconfitta. Maggio è vicino.
Fonte: La Stampa
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