Don Ugo Dei Cas ha smantellato due confessionali antichissimi della parrocchia San Giovanni Battista di Pontecurone.
“Volevo sistemare la chiesa, così ho deciso di eliminare un armadio e due confessionali che erano fatiscenti e marci”. Questa è la spiegazione di Don Ugo Dei Cas, sacerdote, da due anni, della parrocchia San Giovanni Battista di Pontecurone, piccola frazione nei pressi di Alessandria.
Don Ugo, 65 anni, ha letteralmente distrutto due confessionali preziosissimi dell’800, dal valore inestimabile, presenti nella sua chiesa. Era convinto, infatti, che gli oggetti in questione fossero “tarlati e assolutamente da buttare“. Proprio mentre iniziavano i lavori per il restauro del centro di Conservazione della Venaria Reale, per dare vita a nuovi affreschi, Don Ugo ha pensato bene di fare ordine. Ha contattato il viceparroco per farsi aiutare nello smantellamento dei due confessionali sacri e li ha poi consegnati ad un parrocchiano, che ha usato i resti dei beni preziosi per gettarli nel fuoco e riscaldare la sua umile dimora. Così, pezzi antichissimi dell’800 sono diventati legna da ardere.
Quando la Soprintendenza delle belle Arti gli ha fatto notare il danno, Don Ugo si è reso conto dell’errore e si è scusato. “Chiedo scusa per la mia superficialità, ora sono nei guai per questo, non ci ho pensato e ho fatto un danno”, ha provato a giustificarsi il sacerdote, come riportato dall’Ansa. Prontamente segnalato in Procura, il prete deve ora rispondere delle sue azioni per il danneggiamento di cimeli sacri che testimoniavano millenni di storia della chiesa. Inoltre, dovrà anche risarcire economicamente dei danni arrecati.
La notizia è arrivata anche all’orecchio di Monsignor Mario Bonati, che non ha preso bene la faccenda. Bonati ha immediatamente scritto e inviato, di sua iniziativa, una circolare a tutte le parrocchie della diocesi di Tortona, per avvisare – come se ce ne fosse bisogno – che “i beni delle parrocchie non si toccano, non possono essere spostati né distrutti senza autorizzazione“.
Chiara Scrimieri
Fonte: La Stampa