“Voglio essere di esempio” dice. Ma Achille Lauro, il trapper più chiacchierato del momento, non nasconde un passato difficile tra criminalità, spaccio di droga e un’esperienza in carcere.
Quando si comincia a scavare dentro la vita delle persone potrebbero uscire fuori un mucchio di cose che non ci saremmo mai aspettati. In alcuni casi, quello che si trova è un vuoto cosmico, persone che hanno poco da raccontare o comunque molte cose alle quali non hanno mai dato il giusto peso. In altri, invece, a furia di scavare si trovano cose inaspettate che spingono a farci delle domande.
E tra quelli che hanno passati pieni di storia c’è anche Achille Lauro. Tatuaggi sul volto, faccia poco affidabile e un aspetto che non passa di certo inosservato. Eppure, se scaviamo, esce fuori un’adolescenza fatta di droga, spaccio e libertà soffocata dietro le sbarre di un carcere. Anni difficili, complicati, che il cantante è riuscito a superare solo grazie alla musica.
Cresciuto in un quartiere degradato, nella periferia di Roma, ha cominciato a fumare marijuana, hashish e a consumare droghe chimiche. “Lo facevano tutti, lo facevo anche io. Avevo lasciato la scuola, vivevo sempre più allo sbando, in appartamenti dove si accampavano tantissimi ragazzi come me. Mi trovai a dormire su un materasso buttato per terra”, ha ricordato in un’intervista prima che iniziasse la kermesse sonora. La spinta alla droga veniva proprio dalla sua realtà, una realtà di degrado dove non si riuscivano ad avere né i mezzi per raggiungere un obiettivo né un obiettivo stesso. “Né io, né la mia fidanzata, né tutti i ragazzi con cui vivevamo, avevamo idea di che cosa fare della propria vita”, ha aggiunto l’artista.
Achille Lauro, in questi giorni post Festival di Sanremo, ha tutti i riflettori puntati addosso. Il suo brano, Rolls Royce, non a caso è stato considerato un inno al consumo di droga, stesso destino toccato ai testi di Sfera Ebbasta. E sembra strano e falso che il cantante, proprio visto il suo passato, non fosse a conoscenza dell’omonimia che lega il titolo del suo testo alle pasticche di ecstasy, chiamate proprio così.
Ma Lauro ha sempre rigettato tutte le accuse. Dopo la droga, anni fa, è cominciato per lui il circolo vizioso fatto di consumo, spaccio e criminalità: “Entrai in contatto con famiglie criminali. Compravo chili di droga che facevo vendere a una squadra di spacciatori che avevo creato. Divenni ricco, avevo una bella vasca idromassaggio”, ha spiegato Achille, come riportato da TgCom24. Alla fine, l’esito più buio di tutte le brutte storie: il carcere. Due mesi di prigione, poi la condanna fu sospesa e Achille, classe 1990, era tornato libero.
E visto che ci sono cose che apprezzi solo quando non le hai più, forse è per questo che il ragazzo ha cambiato strada, dirottando i problemi della sua vita su un’arma di sfogo più salutare. Così, ha cominciato a cantare, aggrappandosi alla musica come una cosa buona della vita che tiene in vita senza uccidere: “Mi sono dato da fare con la musica, per questo ora a dico a tutti i ragazzi di trovare il proprio obiettivo e di non perdere tempo con altro, tanto meno con la droga”, ha sentenziato.
Non piacciono a molti gli estremismi. Non piace neanche l’essersi montato la testa tanto da prendere a insulti e calci i ragazzini che ti vedono ai concerti. Piace a pochi la sua musica, ma sono gusti, e la sua carriera magari sarà tutta rose e fiori. Eppure, forse, la maschera che Achille porta e mostra a tutti è così sottile che potrebbe sciogliersi in un secondo. Forse, proprio come tutti i forti, gli aggressivi, i violenti, i trasgressivi, quello che c’è sotto è solo paura. Paura di mostrarsi per come si è, e la necessità di nascondersi dietro i muri e ogni giorno aggiungere cemento per farli diventare sempre più spessi. Per evitare che qualcuno magari possa vederci, accucciati e impauriti, spaventati e sofferenti. Cioè, paura di essere visti quando siamo noi stessi. Senza filtri che ci proteggono da un mondo, per noi, sempre pronto a farci del male.
Fonte: TgCom24