Virginia dice “Satana” cinque volte sul palco del Festival, pensando a Salvini

Virginia Raffaele e quel momento folle durante la conduzione del 69 Festival di Sanremo. Un momento che voleva essere surreale ed imprevedibile ma è risultato solo assurdo ed incomprensibile. Non ha riso nessuno, nessuno ha capito. O meglio, quello che si è visto non è comprensibile lì, nella dimensione di un Festival. Poteva essere un momento di stralunata allegria degna della notte di Halloween, un provino per un film di Tim Burton o per un qualsisi b movie dedicato all’orrore.

Virginia Raffaele, Satana a Sanremo - Leggilo

Cosa ha fatto Virginia? Ha inziato a cantare la celeberrima Mamma di Beniamino Gigli, brano storico della musica italiana, impostando la voce come uscisse da un grammofono rotto. Ad un tratto si interrompe, come se il vecchio strumento si rifiutasse di andare avanti. E qui Virginia simula distrosioni sonore, la voce si altera all’inverosime e pronuncia per cinque volte la parola Satana. Qual’è il nesso con quello che stava cantando? Forse è una furibonda, grottesca riflessione sulla figura materna, a cui era dedicata la canzone. Un’atto d’accusa nascosto in uno sketch surreale e sgradevole. E’ un’imprecazione verso la tradizione delle musica italiana, rivoltata come un guanto proprio nell’ultima edizione del Festival, grazie ad una canzone che parla di Ramadan? O forse è un’imprecazione in codice verso Matteo Salvini, usando una metafora tanto cara a Famiglia Cristiana nel descrivero? Salvini il vero avversario, il nemico nascosto del Festival e del mondo che gli ruota attorno.

Lui, il difensore delle tradizioni, il becero nazionalista, quello che chiude i porti. L’uomo detestato da Papa Francesco, da cardinali e vescovi. E da molti sacerdoti, anche. Detestato dai giornalisti della sala stampa, dalla Giuria d’Onore, da Claudio Baglioni che ha aperto le ostilità, da Claudio Bisio, che avrebbe voluto deriderlo ma non poteva. Forse ci è riuscita lei, Virginia, con la sua verve, nel nome di tutti coloro che vedono il Ministro come un nemico, un gerarca dal sorriso bonario ma pur sempre un gerarca. Così lo descrive Oliviero Toscani, del resto. E, allora, come nei Ventennio, dobbiamo abituarci alle allusioni in codice, alla satira più nascosta e tagliente. Ma forse no, niente di tutto questo. Era solo una cosa così, campata per aria, tanto per ridere, una dimostrazione di verve come l’estempoaraneo saluto di Virginia al clan sinti dei Casamonica, che lasciò Claudio Bisio interedetto. E una prova di coraggio: gridare 5 volte il nome del Nemico sul palco di un Festival. Perchè a Satana, a parte quel demone di ministro, non ci crede più nessuno.

Fonte: Il Festival di Sanremo

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