Annamaria Franzoni vuole una vita normale, ma la gente ha paura di lei. Cogne non dimentica: “Noi qui non la vogliamo, ci ha accusati tutti”
Annamaria Franzoni ha scontato la pena per l’omicidio di suo figlio Samuele, ucciso nel 2002 nella sua villetta a Cogne. Ma una vita normale sembra impossibile.
Si dice che, una volta che la giustizia ha fatto il suo corso, puoi tornare ad essere libero. Si dice anche che, una volta che sconti la tua pena, e risolvi i tuoi guai in sospeso con la legge, dovresti aver diritto a vivere una vita normale. Hai pareggiato i conti, in fondo. Hai pagato. Non hai più nulla da dare. Ed è vero, a dirla così, ma una condanna per l’omicidio di tuo figlio non la puoi scontare fino in fondo. Il guaio è che, una volta uscita dal carcere, sarai sempre vista così: come una donna che ha ucciso suo figlio brutalmente, colpendolo 17 volte con un mestolo di legno fino a spaccargli la testa. E la galera non basta a toglierti di dosso le macchie di sangue. Il carcere è solo un pareggiamento dei conti con la giustizia, ma pareggiare i conti con te stessa, con quello che sei e con quello che appari, è più difficile.
E se anche Annamaria Franzoni si è sempre dichiarata innocente, a leggere le carte la sua tesi difensiva va escluse. C’era solo lei, in quella casa. Nessun tentativo di furto, nessun oggetto rubato, un orario strano per un omicidio da parte di altre persone. 17 colpi a un bimbo di tre anni, con un mestolo preso dalla cucina hanno reso il delitto di Cogne come una delle vicende giudiziarie più seguite in Italia. E la vicenda di Cardito ci insegna che è tra le mura di casa che si consumano le tragedie più forti, perché è proprio lì che, invece, dovresti sentirti protetto.
Annamaria Franzoni, accusata per l’omicidio del piccolo Samuele, ora è libera e si è trasferita da Ripoli Santa Cristina, dove ha scontato i domiciliari fino a settembre, a San Rocco, dove è rimasta ai domiciliari fino a qualche giorno fa. Poi, la libertà, come riportato da Il Corriere della Sera. Le celle che si aprono. Ma il mondo fuori è solo un miraggio, perché la sua casa è assediata dalle telecamere e dalle persone. E i suoi vicini di Ripoli Santa Cristina – non lontano da Bologna – non sembrano avere un buon ricordo di lei: “Quando stava qui organizzava sempre delle cene, venivano i suoi familiari, in totale sono undici tra fratelli e sorelle, hanno moltissimi nipoti. Se mi fosse morto un figlio io non riuscirei a essere così sereno”, dice uno. Un’altra signora a Monteacuto Vallese parla della Franzoni come una donna normale, salvo poi rendersi conto che quella donna è proprio Annamaria Franzoni: “Oddio ma è lei?“, dice ai giornalisti.
E neanche a Cogne, la frazione dove si è consumato il delitto, i vicini sembrano avere buone parole. Non c’è da stupirsi, del resto, visto che la Franzoni, nel lontano 2002, fu pronta ad accusarli tutti, ipotizzando un furto o una vendetta da parte dei vicini. “Durante l’inchiesta era pronta ad accusarci tutti, noi qui non la vogliamo”, dicono. “Ha incolpato dei poveracci che non potevano difendersi”, raccontano ai giornalisti.
Antonio Bignami è l’unica voce che si differenzia dal coro: “Io posso dire che quando i nostri bambini erano piccoli lei faceva da babysitter. Sono una famiglia di persone assolutamente equilibrate, brave. È chiaro che anche nelle persone più equilibrate un colpo di follia può succedere”, dice. “Anche ora, gli affiderei i miei figli”.
Chiara Feleppa
Fonti: Il Corriere della Sera
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