Mario Monti gioisce per quello che considera il fallimento del Governo dinanzi a Bruxelles e all’Europa. Lo dice chiaramente, con la nettezza e la gelida perfidia consona al personaggio, senza nessun timore di confermare un’immagine non propriamente amata dagli italiani. Quella di un tecnico fedele ad una visione finanziaria del mondo e dell’economia, con la politica relegata ad un ruolo di comparsa, altrimenti fa solo danni.
“L’attuale maggioranza è composta dai soli due partiti che non si sono assunti la responsabilità dell’emergenza del 2011– dice durante una conversazione con il Foglio – . La Lega dal Parlamento e il M5s dalle piazze e dai social media hanno costruito una fake history – osserva il professore con un vitalizio spaventoso e orma ben lanciato nella propaganda vergognosa, cara alla Sinistra, che ruota intorno alla parola fake, termine con il quale il Potere duro a morire bolla ogni dissenso fuori dalle coordinate della propria verità precostituita. E il senatore continua, certo che il Foglio starà lì ad ascoltare e trascrivere senza una sola domanda scomoda: “Quello del Governo è un mosaico composto da pezzi di falsità – continua Monti con il suo fare da oracolo – e su questa base hanno promesso di fare il contrario qualora fossero andati al governo“. Ora è arrivato un bagno di realtà, secondo Monti, rappresentato da quella che lui ritiene una totale e prevedibile capitolazione, una resa senza precedenti dinanzi ai suoi amici della Commissione Ue.
E qui affonda il colpo, compiaciuto, mentendo sapendo di mentire e sapendo, sopratutto, che nessun giornale mainstream verrà a smentirlo: “Nessuna manovra ha mai subito una dettatura del genere da Bruxelles” dice il senatore a vita. Una dettatura che costringe il governo Conte a ripensare sé stesso, la sua strategia politica e il ruolo dell’Italia in Europa, secondo Monti. Il senatore non manca di elogiare Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Ue, ricordando un’osservazione di quest’ultimo: quando era premier del Lussemburgo Juncker – l’uomo più sobrio d’Europa – a proposito delle riforme strutturali avrebbe detto: “i politici sapevano cosa fare ma non come farsi rieleggere dopo aver fatto ciò che era necessario”. Una frase che piacque molto a Monti, che oggi la ripete e sottolinea, felice nell’affabile conversazione con gli amici del Foglio: “Ora sembra l’opposto: i politici populisti sanno come farsi eleggere ma non cosa fare per mantenere le promesse con cui hanno vinto le elezioni. “Nella politica c’è una divaricazione sempre più ampia tra le capacità necessarie per essere eletti e quelle necessarie per governare bene – osserva Monti, e qui sembra proprio brindare alla capitolazione dell’Italia.
Ma l’osservazione del professore veramente perfida, e certo non priva di intelligenza, è in realtà un’altra: “Il successo de populisti è stato involontariamente alimentato dalla stessa Europa attraverso un Quantitative easing che ha dato luogo all’assenza di reazione in termini di spread. E questo ha fatto sì che fiorissero promesse elettorali senza precedenti”. Sì, ha detto proprio questo. Una maggiore tirannia dei mercati avrebbe impoverito gli italiani, li avrebbe spaventati a dovere. E allora si sarebbero ben guardati di votare per Lega e Movimento Cinque Stelle. Capisce di essere andato troppo in là nel rivelare se stesso e allora in parte si corregge, il senatore a vita: “La mia non è una condanna del Qe e men che meno di Draghi forse il Qe poteva cominciare e finire un po’ prima ed essere meno pingue. La mia è la constatazione che, dopo l’esperienza del 2011, gli italiani sono sensibili allo spread. E si è visto che le mosse del governo per rendere la manovra più compatibile sono arrivate quando lo spread si è alzato”.
Fonte: Il Foglio