Andando oltre il sentimentalismo e “la pappa del cuore“, messi in scena ieri al Senato della Repubblica dalla signora Bonino, non possiamo non accorgerci che le fuoriuscite lacrime della senatrice non siano altro che pura isteria – quella della della bimba viziata a cui venga tolto il troppo che fino a quel momento le era stato concesso. Un’isteria dovuta alla perdita di un potere bramato e ottenuto a tutti i costi, in una carriera politica spregiudicata, celata dietro la difesa della democrazia ma, nella realtà, solo a tutela dei mercati e dei potentati economici.
Ricomponendo il mosaico di un percorso politico, quello di Emma Bonino, ci si accorge che è fatto di soli slogan e di specchietti per le allodole. Tra questi la tanto sbandierata e quasi mai realmente vinta battaglia per alcuni diritti civili. Questi diritti, è bene ricordarlo, seppure sacrosanti, hanno a che vedere con libertà del singolo cittadino ma non hanno niente a che vedere con i diritti sociali, che riguardano la difesa dei diritti delle collettività: salute pubblica, scuola pubblica, tutela del lavoro, pensioni e tanto altro. Se si osserva la nuda realtà della Signora Bonino è facile ricostruire la forma dell’unico obiettivo perseguito dalla “pasionaria” della democrazia italiana: seggi e ministeri – per se stessa e per il suo microscopico partito – caratterizzato da una visione socioeconomica al sostegno dell’iperliberismo e delle privatizzazioni più sfrenati.
La foto che la ritrae in baci e abbracci col “magnate” Soros( liberista e capitalista senza scrupoli – dei più più potenti – e pseudo filantropo è la metafora visiva più eloquente di dove abbia teso la politica della “Bonino piangente” durante il suo pluriennale cursus honorum politico. Le sue lacrime non possono non ricordare quelle versate, nello medesimo ipocrita lacrimatoio imbiancato, dalla “amabile signora” e spietata Ministra Elsa Fornero , la cui riforma-macelleria sociale, Madama Bonino non si attardò a sostenere insieme a tutta la restante politica antisociale (mi si passi il paradosso) dell’allora osannato “sobrio Professore“.