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“Operai senza stipendi, ma l’azienda dava 150 mila euro al fratello di Maria Elena Boschi”

Benedetta innocenza, viene da dire ascoltando Maria Elena Boschi, Ministro per le riforme durante il Governo di Matteo Renzi e, dopo le dimissioni di quest’ultimo, Sottosegretario con l’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni. “Ho fatto un video sulla vicenda del padre di Luigi Di Maio perché è stato contraddittorio. Il M5S – ha detto qualche giorno fa parlando del caso che ha coinvolto la famiglia del vicepremier: un abuso edilizio di svariati decenni fa – a cui Repubblica si è dedicata anima e cuore – alcuni operai pagati in nero nella piccola impresa edile di famiglia, un terreno, proprietà su cui c’è stata un’ispezione della Municipale. Roba che scotta, insomma.
Maria Elena negli stessi giorni non ha fatto mancare l’ennesimo saggio di retorica “gigliata” dell’era Renzi e dintorni: vittimismo e argomenti a caso per confondere, dettagli insulsi, pretesti, rivendicazioni dal tono adolescenziali mescolati insieme ai massimi sistemi. Un piccolo abecedario di strategie di bassa politica per tenere alta l’immagine di sé ad uso dei pochi che ancora la seguono, per partito preso, amore incondizionato o straordinaria capacità di perdono.
Così parlò Elena su La7: “Luigi Di Maio ha inquinato il dibattito politico italiano e non solo con campagne di odio ad personam e fake news che non hanno precedenti, utilizzando i social in maniera efficace ma irresponsabile. Di Maio è responsabile di una campagna d’odio contro di me e la mia famiglia basata sul fango».
Dal pianto all’accusa velenosa, con una disinvoltura che lei certo ritiene sagacia, ma è la negazione della politica, quella vera. A quale “fake news” sui riferisca non è dato sapere, forse di Etruria – soldi dei risparmiatori – andata alla malora ?  Forse all’Air Force Renzi – soldi dei contribuenti – riguardo al quale il diretto interessato ha tentato una difesa confusa e ridicola?
Ma Elena non parla di banche e di aerei. E’ interessata ad una piccola azienda di famiglia: “Mi sembra evidente che, essendo socio di quella azienda, Di Maio non potesse non sapere che c’erano alcuni lavoratori in nero e dei debiti con il fisco” – i debiti non sono  sempre un reato, verrebbe da spiegare alla Boschi; vedere i risparmi altrui andare in fumo può non provocare condanne penali ma dovrebbero provocare notti insonni. Ma sembra che nessun ai vertici di Banca Etruria abbia sofferto di insonnia per i piccoli risparmiatori.
Elena prosegue: “Io critico Di Maio per quello che fa lui non il padre” – e forse crede, l’ex Ministro che qui la sua logica sia stringente –  “Ma mi chiedo come mai nel mio caso le colpe di mio padre dovevano ricadere su di me, ora che tocca Di Maio una parte della stampa e non solo dice che le colpe dei padri non devono ricadere sui figli. Io sono d’accordo. Ma perché per me non vale?”. La solita amnesia di comodo: ad Elena sono stati imputati non gli errori del padre ma il comportamento che tenne, da Ministro della Repubblica – come figlia il comportamento è comprensibilissimo – per tentare di proteggerlo.
Ma, diciamolo, un po’ sfortunata Maria Elena Boschi lo è. Perchè poco dopo queste dichiarazioni arriva un’indiscrezione  – pesante –  de l’Espresso. E l’indiscrezione riguarda ciò che Elena ha di più caro: la sua famiglia. L’Espresso riferisce di un’indagine della Procura di Roma che preoccuperebbe non poco “il Giglio magico, il gruppo di politici fedelissimi vicini a Matteo Renzi” . Secondo il settimanale questa piccola élite che si era in messa in testa di cambiare il Paese e forse ci è anche riuscita,  avrebbe dei motivi di apprensione proprio a causa dell’indagine in corso. L’indagine riguarderebbe il crac di Condotte per l’Acqua spa, una delle più grandi aziende di costruzioni del Paese, ora un passo dal fallimento. L”Espresso ha lavorato a un’inchiesta fatta di  “testimonianze ed interviste, la consultazione delle relazioni dei commissari straordinari di Condotte, decine di documenti interni della società e delle sue controllate, contratti di consulenza, dossier dell’Anac e carte delle Procure della Repubblica“. Tutto questo per ricostruire i motivi di un fallimento che potrebbe diventare epocale.

Nell’inchiesta sono emersi i nomi del fratello 35enne di Maria Elena Boschi, il giovane Emanuele Boschi, e di Alberto Bianchi, consigliere e avvocato di Renzi. Bianchi è stato per anni numero uno della Fondazione Open, la cassaforte che ha finanziato l’ascesa politica di Matteo, da Palazzo Vecchio a Palazzo Chigi. In sei anni la Fondazione ha raccolto circa 6,7 milioni di euro. La cassaforte ha chiuso i battenti nell’aprile scorso dopo la sconfitta alle politiche del 3 marzo. Il consiglio di amministrazione presieduto dall’avvocato Alberto Bianchi vedeva la presenza di Maria Elena Boschi, Luca Lotti e Marco Carrai. Il “fior fiore” del mondo secondo Renzi. Il Cerchio Magico al completo o quasi.

La Fondazione Open – che i calcoli ha dimostrato di saperli fare egregiamente – ha chiuso in pareggio mentre Condotte, il colosso delle costruzioni, soffre per un buco da 2 miliardi: è sull’orlo del fallimento, così si dice. Tuttavia, secondo l’Espressodalle carte spuntano contratti di centinaia di migliaia di euro fatti dalle aziende controllate a esponenti di primo piano del Cerchio Magico dell’ex premier“. Contratti sottoscritti con il fratello di Maria Elena Boschi, il giovane Emanuele Boschi, e con Alberto Bianchi, consigliere ed avvocato di Renzi e per anni numero uno della Fondazione Open.
Entrambi risultano infatti aver ottenuto due contratti di consulenza tramite la Inso e la Nodavia spa due controllate di Condotte. La Inso avrebbe firmato il contratto con il giovane Boschi attraverso lo studio legale BL, tra i cui partner c’è anche il tesoriere del PD Francesco Bonifazi. La  Inso e la Nodavia spa  – spiega l’Espresso – sono  due società che stanno lavorando alla realizzazione della nuova Tav di Firenze e avrebbero contribuito «in maniera significativa» al crac di Condotte. Committente dell’opera è Rfi so – controllata da Ferrovie dello Stato e, ovviamente, non mancano contatti tra Condotte ed esponenti del Governo Renzi.

Nodavia firma un contratto ad Alberto Bianchi, al tempo capo della Fondazione Open, nel 2016. La Inso, anche questa controllata da Condotte, decide di firmare un contratto con Emanuele Boschi due anni dopo, nel 2018. L’Espresso ricostruisce così la vicenda: “È il 9 maggio quando si riunisce il collegio sindacale della società. La crisi del gruppo è drammatica. Nelle settimane precedenti gli operai del cantiere della Stazione Foster avevano protestato duramente, anche scioperando, perché non gli venivano pagati gli stipendi. Per il giovane Boschi, invece, la Inso è pronta a staccare un assegno a cinque zeri. E da pagare pronta cassa“. Il che vale a dire: immediatamente.  I manager di Inso scrivono che «gli importi fatturati» da Boschi «saranno da pagarsi “a vista fattura”».

Emanuele non ha di che lamentarsi: i professionisti vengono solitamente pagati a 60 giorni. Una fortuna ancora maggiore se si considerano le condizioni economiche in cui versa la controllante. Il momento  infatti è drammatico, con operai senza stipendio e i posti a rischio. Forse per questo, sottolinea il settimanale, “L’ultimo articolo del contratto evidenzia una severa clausola di riservatezza: «Inso si obbliga a non divulgare a terze parti il contenuto del presente conferimento d’incarico, che riveste carattere di riservatezza per espressa pattuizione delle parti»”. Sono più interessanti i capannoni della famiglia Di Maio, in realtà.

Leggendo il verbale della riunione – sottolinea ancora l’Espresso è chiaro che i membri del collegio sindacale non sono convinti della decisione «dei vertici aziendali» di conferire a Boschi una consulenza legale. Così i sindaci chiedono al cda di selezionare l’esperto «tra una rosa» più ampia «di possibili candidati»…Non sappiamo quali sono stati i contendenti di Emanuele per la ricca consulenza, ma è certo che tre settimane dopo, il 31 maggio ultimo giorno in cui la sorella è a Palazzo Chigi come sottosegretario della presidenza del Consiglio sarà proprio lui a conquistare l’incarico e la relativa parcella”. Il  compenso finale per Emnuele Boschi è stabilito in 150 mila euro, “a cui vanno aggiunte l’Iva, la cassa di previdenza e spese varie“.

Matteo Renzi tace sul crac di Condotte. E tuttavia, scrive l’Espresso, ministri ed esponenti del governo Renzi e del governo Gentiloni hanno avuto alcuni appuntamenti Isabella Bruno Tolomei Frigerio, proprietaria di Condotte con l’amministratore delegato del gruppo, il marito di lei Duccio Astaldi “arrestato lo scorso marzo per corruzione in un’inchiesta della procura di Messina” e Franco Bassanini “Al tempo presidente del consiglio di sorveglianza di Condotte e “consigliere speciale” a Palazzo Chigi di Matteo Renzi e di Gentiloni“.

Matteo Renzi tace per modo di dire: qualche ora fa il solito tweet beffardo contro il Governo, dopo l’approvazione del Ddl anti corruzione. Tra le novità introdotte dalla legge l’impossibilità di contrattare con la pubblica amministrazione per gli imprenditori e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per i pubblici ufficiali nei casi di corruzione. PD e Liberi e Uguali hanno votato contro. A Matteo Renzi, a Maria Elena Boschi, a Vittorio Sgarbi la legge, questa legge, non piace. Avranno modo di spiegare il perchè. Se avranno il tempo, tra un tweet e l’altro sulla famiglia Di Maio.

Fonti: Repubblica, L’Espresso, Facebook Matteo Renzi, La7

 

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