Friedman sul padre di Luigi Di Maio: “Squallido, come tutti gli italiani che tirano a campare” – VIDEO

La prima volta che lo senti parlare credi sia uno scherzo. Dopo pensi a Matteo Renzi che parla inglese e allora un po’ di ammirazione per Alan Friedman ti viene, perchè è nato a New York e, accento a parte, parla la non facile lingua di Dante come raramente un italiano riesce a parlare inglese. Ma l’ammirazione finisce qui, sovrastata da una domanda piuttosto ingombrante. Chi è? Cosa ci fa qui, cosa cerca, cosa vuole dall’Italia? O meglio: come vorrebbe che l’Italia fosse? Perché Firedman, un passato da corrispondente di prestigiose testate estere, sembra tutto meno che un imparziale osservatore della vita e della politica italiana.

Parlando a La7 delle vicende riguardanti la famiglia Di Maio si esprime con toni tra il confidenziale ed il tranchant senza risparmiarsi gli affondi. Friedman non ha mai nascosto di essere un avversario del Governo – cosa più che legittima, peraltro. Lo ha fatto con ragionamenti talvolta opinabili ma mantenendo una linea dialettica accettabile e un certo contegno. Stile che invece collassa in pochi attimi quando viene invitato ad esprimere un giudizio sul video messaggio che Antonio Di Maio, padre di Luigi, ha dedicato alla vicenda dall’azienda di famiglia. Friedman si è espresso con queste parole:

Deprimente, se devo essere sincero. Io non voglio entrare nelle vicende di padre e figlio Renzi, o padre figlio Di Maio, lasciamo stare questo. Io osservo che quel video ci mostra un’italia un po’ squallida, un’italia che non è quella della gente che lavora sodo e paga le tasse. E’ l’Italia di chi fa il furbo e per scusarsi di avere fatto un po’ di nero e un po’ di cose illegali si scusa dicendo: tengo famiglia. E’ un’Italia di bassa lega, di una tristezza incredibile, che solleva una questione non tanto sul giudizio relativo a Di Maio e al suo Governo – sottolinea ancora il giornalista americano – perchè ognuno può giudicare come vuole sull’onestàonestàonestà di Di Maio e dei Cinque Stelle o del Primo Ministro Conte accusato di falsificare il suo curriculum o scusate – sottolinea ancora Friedman, riferendosi alla Lega – sull’onestà di un partito che riesce a pagare in 85 anni i 49 milioni di euro di rimborsi rubati ai contribuenti … Questi non sono i temi…

Non sono questi i temi, dice, ma intanto il riferimento sommessamente sprezzante a piccole o grandi questioni riguardanti il Governo, non riesce ad evitarselo. E’ un esempio illuminante di finta imparzialità. Friedman ha tutto il diritto di essere parziale, anche fazioso. Ma dare da intendere di non esserlo, fingere di essere lì per caso, fingere che quelle domande sui Di Maio sono domande che quasi lo colgono alla sprovvista è un farsi beffe della capacità di discernimento di chi lo ascolta. E’ uno stratagemma disonesto. Friedman non aspettava altro, ben imbeccato, e imposta il compitino a dovere: non vuole parlare di padri, dice, nè di famiglienon dei Renzi o della famiglia Boschi – ma finisce per parlare solo dei Di Maio e fare considerazioni pseudo sociologiche sull’Italia e sugli italiani, che probabilmente considera stupidi e colpevoli di non aver votato la Sinistra disintegrata di Renzi. Fa considerazioni che chiunque voglia dire banalità è in grado di fare, senza essere stato corrispondente del Financial Times e senza il peso quasi insostenibile di quel ridicolo accento, per quanto ammirevole.

“…Il tema qui è: dov’è la moralità, dov’è la bussola morale? L’Italia è un Paese dove così fan tutti, tutti pagano in nero, così si può scusare come fosse un piccolo problema l’avere un Ministro che ha il 50% di un’azienda che ha fatto lavorare in nero e quindi non importata …oppure importa? Il problema è la moralità della vita pubblica in Italia. Nel video l’idea che prevale è: tengo famiglia, così fan tutti, andiamo avanti con la vita...” E conclude: E’ squallido tutto questo“.

Possibile sia squallido, ma lo squallore minaccia il mondo. Dovrebbe saperlo Friedman. Per esempio: un certo Massimo D’Alema tempo addietro ebbe a lamentarsi – a ragione, bisogna dire, pur non essendo D’Alema la persona che più ispira simpatia al mondo – per aver concesso un’intervista ad un giornalista, accogliendolo nella sua tenuta in Umbria. Questi, prima dell’intervista indusse D’Alema a qualche colorita affermazione, chiaramente confidenziale. Lo fece riprendere con il pretesto di voler raccogliere immagini d’ambiente e si servì di questo materiale, non autorizzato, per ritrarre in maniera beffarda il suo interlocutore.

Uno stile degno de Le Iene, con l’aggravante che l’intervista non era il risultato di un approccio “d’assalto” dove il malcapitato sceglie se e come difendersi. Era un inganno bello e buono verso chi ti aveva aperto le porte della sua casa per un altro motivo. Un comportamento squallido e disonesto, ebbe a lamentarsi D’Alema, che usò parole di circostanza per nascondere uno sdegno che bruciava ancora. Certo, i giornalisti possono parlare di moralità, ma per qualche misterioso motivo spesso credono di poterne fare a meno. Della moralità, dei compensi no. Il tizio in questione veniva da New York e aveva un ridicolo accento. Potete trovarlo in televisione spesso, più spesso su La 7 mentre, presumibilmente ben pagato, fa la morale e offende gli italiani, parlando della famiglia Di Maio. Ma non della famiglia Renzi o Boschi, ce ne scampi Iddio.

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Fonti: Le Invasioni Barbariche, La7

 

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