Lucia Annunziata parla come quelli che furono, politicamente parlando: Matteo Renzi e Maria Elena Boschi. Come fosse una della Iene, se non fosse priva di quella magrezza che potrebbe favorire un accostamento ad una di loro. No, delle iene non ha nulla. Ha tutto della giornalista mainstream, tuttavia. In altre parole di quello stuolo compatto di difensori della democrazia che passano gran parte del loro tempo a puntare il dito, a fare la morale e a cogliere in fallo, in scia con la tradizione della Sinistra. Se non sei uno di loro, s’intende. Parla con il malcapitato Luigi Di Maio della non notizia tanto cara a Repubblica, Espresso e dintorni: il “caso” di un lavoratore in nero, un manovale. Faccenda di diversi anni fa e – pare – giù sanata: vicenda come centinaia di migliaia in quest’Italia allo sbando da quasi trent’anni.
Da quando, cioè, i Giacobini di Mani Pulite distrussero un’intera classe dirigente per consegnare quello che restava dell’italia ai loro avversari politici e concorrenti economici. Fu la premessa a vent’anni di berlusconismo – pessimo – e antiberlusconismo – nauseante – con giornali e inchieste usati come arma impropria per screditare gli avversari politici e, con essi, l’Italia. Senso della misura nessuno. Di buon senso neanche una traccia. Senso dello Stato nullo, con avvisi di garanzia recapitati durante la Conferenza internazionale sulla Criminalità a Napoli, nel lontano 1994. Giustizia spettacolo, senza ritegno mai o quasi, mai criticata dalla stampa mainstram, impegnata, ora, a distogliere l’attenzione con il fenomeno bambinesco delle fakenews mentre le notizie false vengono comodamente diffuse e discusse come fossero vere.
Notizie false e scoop sul nulla, su cui si rotola, compiacendosi, la Annunziata. Donna intelligente, giornalista scrupolosa, ma capace di atteggiamenti sommamente insulsi. E’ vittima di uno strano maleficio, la Annunziata: quando si accorge di essere intelligente, ecco che, improvvisamente, diventa stupida. Ne ha dato un saggio non da poco con Di Maio, facendo la morale sul nulla e sostenendo una tesi non si sa se più assurda o ipocrita: per la Annunziata chiunque voglia essere un politico deve prima fare un’inchiesta sul proprio nucleo famigliare – non si sa bene fino a che grado di parentela – aprire ogni armadio, svuotare ogni cassetto, chissà quanto a ritroso nel tempo. Se ci sono zone d’ombra – non solo reati ma anche irregolarità di vario genere, dalle multe all’abuso edilizio per una lamiera contorta – ebbene, questa persona dovrebbe rinunciare alla carriera politica o, almeno, dovrebbe farlo senza poter pronunciare la parole “onestà” anche se il coinvolgimento personale con quei fatti è nullo.
Di fatto la Annunziata avalla la tesi di PD e dintorni, e sembra la maestra che rimbrotta l’alunno Di Maio perché due bambini viziati l’hanno strattonata, chiedendole di accogliere le loro tesi sfasate e puerili.
Tesi secondo cui Banca Etruria e Air force Renzi sono comparabili con una carriola sequestrata dalla Polizia Municipale, e fingendo di ignorare che le vicende che coinvolgono la famiglia Renzi e la famiglia Boschi vedevano i loro ragazzi in ruoli istituzionali, e talvolta coinvolti loro, o quelli del loro cerchio, magico o meno. Mentre l’altro era un ragazzo – uno che non ha mai lavorato, dicevano e invece si scopre che ha lavorato, da manovale. Quel ragazzo ha scelto la politica ed in pochi anni ha demolito una finta Sinistra, presuntuosa e inutile, accasatasi sotto la sedia del Quirinale a cui chiedeva il sostegno a governi non votati, e che il Parlamento avrebbe dovuto votare, per “senso di responsabilità“. Ecco, quella stagione è finita.
Rancore e invidia, prima. E arriva Lucia, dopo. Grandissima nell’implacabile consequenzialità geometrica delle sue tesi o ridicola nel disdegnare scientemente il contesto e la prospettiva. Scegliete voi. Roba da Iene, per amore dell’audience. E, se non si è assistiti dal senso della misura, roba da sciacalli. Per compiacere i tanti bambini viziati di un Partito finito, forse.
Fonte: Di Martedì
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