Voleva fare il medico Micaela Quintavalle e si era ritrovata a fare l’autista dell’Atac l’azienda di trasporto pubblico del Comune di Roma. Inizia giovanissima a guidare per il trasporto dei diversamente abili, un servizio dato in appalto proprio dall’Atac. Qualche anno dopo vince il concorso. Diventa conducente di autobus part time “Mi alzavo alle 3 del mattino, iniziavo a guidare poco prima delle 5. Trascorrevo 6 ore nel traffico. Il pomeriggio studiavo i percorsi da fare il giorno dopo, tra centro di Roma e Tuscolana“. E le poche ore della giornata rimaste studia medicina, dove era stata ammessa. Vuole specializzarsi in psichiatria. E’ il sogno della sua vita. Ma i disservizi, le anomalie e la parte oscura della municipalizzata sembrano attrarla sempre di più, come un medico che non riesce ad essere indifferente dinanzi ad un malato.
Fonda un sindacato, Cambia Menti M 410, diventa una leader tra i dipendenti. E per l’azienda capitolina diventa scomoda: è attenta, critica “chirurgica”. Ma l’Atac è un malato che non vuole farsi curare da quell’aspirante medico. Lei avrebbe dovuto fare il proprio lavoro. Guidare e basta. Micaela non si ferma. Nel 2018 gli autobus a Roma iniziano a prendere fuoco, durante il servizio, con una frequenza impressionante. Da gennaio a fine giugno almeno 15 volte, il 7 gennaio e l’8 maggio gli incendi si verificano due volte. Era accaduto anche negli anni precedenti ma questa volta accade in pieno centro di Roma. E ci sono le immagini. E il problema diventa improvvisante di rilievo nazionale. Le Iene decidono di farci un servizio e Micaela Quintavalle sembra la persona giusta nel posto giusto.
Lavora all’interno dell’azienda è informata, collaborativa. Si esprime bene ed è di bella presenza. Perfetta. Ma ha anche un difetto Micaela: confida molto, troppo nella propria intelligenza. E si illude di poter controllare tutto, di potersi muove liberamente. Crede sia una sfida a viso aperto, ormai. Perché la vicenda ha rilievo nazionale. Perché dice cose in maniera pertinente. Perché sulla questione sicurezza ha ragione da vendere. Ma non basta. Non basta perché è stata anche ingenua. Si mostra e parla senza nascondersi mentre i suoi colleghi si fanno riprendere di spalle. Micaela mostra dei documenti che le Iene utilizzeranno nel servizio. E’ forse l’errore fatale che le costa la sospensione. E ora il licenziamento da parte dell’azienda, come riportato da Adnkronos. Con un video pubblicato sul proprio profilo FB Micaela ha annunciato di aver ricevuto ufficialmente la lettera dopo 128 giorni di sospensione.
«È appena arrivata la lettera di licenziamento da Atac. Comunque nel male si è usciti dal limbo dall’empasse – spiega Micaela – In questo modo, dopo 128 giorni di sospensione nei quali non ho potuto lavorare e dove ho potuto vivere solo grazie alle vostre donazioni, posso riprendere in mano la mia vita. Ovviamente fa male, non ho idea di quello che accadrà adesso. Impugnerò questo licenziamento. Paradossalmente ho sempre amato questa azienda e mi sono sempre mossa a difesa. È tutto assurdo. Oggi sono lacrime, domani tornerò acciaio».
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Nel video, Micaela non si nasconde “Era giusto e doveroso farvelo sapere con l’emotività con cui lo sto vivendo ” e versa qualche lacrima. Ascoltandola, percependo la capacità non comune che ha nell’entrare in empatia con un’audience invisibile, senza risultare costruita o emotivamente ricattatoria si ha l’impressione che abbia corso seriamente il rischio di gettare via le proprie capacità. Perchè ha cercato ostinatamente di cambiare una realtà che non poteva cambiare da sola. Alla fine, del clamore suscitato, dalle sue denunce se ne sono giovati altri – l’Aria che Tira, le Iene, PiazzaPulita e tutti quelli che l’hanno cercata per trarne un tornaconto nei giorni della pressione mediatica – mentre a lei è rimasta quella lettera, per ora. Micaela dice che impugnerà il licenziamento. E’ comprensibile, vista l’umiliazione che ha dovuto subire. L’augurio è che non lo faccia. Perchè, lei non lo sa ancora, ma quella lettera è un lasciapassare per la vita che desiderava veramente. Curare le persone è meglio che curare gli autobus. Quello che ha tentato di fare rimane. Insistere significa, talvolta, odiare se stessi. E questa giovane donna non ha bisogno di questo. L’hanno già odiata in troppi, ingiustamente.
Fonti: Le Iene, Adnkronos, Facebook Quintavalle Micaela