La richiesta di rinvio a giudizio era arrivata lo scorso 11 maggio, mentre l’avviso di conclusione delle indagini era stato notificato lo scorso 18 aprile. Qualche giorno prima, il 22 marzo, dopo aver deciso di non presentarsi all’interrogatorio di fronte ai PM, il padre Tiziano Renzi dichiarò: «Voglio che mi processino, d’ora in poi mi avvarrò della facoltà di non rispondere». Renzi senior in una lunga lettera espresse il suo malessere. E raccontò della vita professionale e personale stravolta, come riportato dall’Adnkronos: «All’improvviso e del tutto casualmente dal 2014 la nostra vita è stata totalmente rivoluzionata: da cittadino modello a pluri-indagato cui dedicare pagine e pagine sui giornali. Alla veneranda età di 67 anni confesso la mia stanchezza. Dopo anni di onorata carriera, senza alcun procedimento penale mai aperto in tutta la mia vita nei miei confronti, mi sono trovato improvvisamente sotto indagine in più procure d’Italia per svariati motivi». Parole non diverse da quelle con cui Matteo Salvini, ieri, ha commentato la notifica della Procura di Palermo con cui ha saputo di essere formalmente indagato per la vicenda della Nave Diciotti. “Non ho mai ricevuto atti giudiziari, sono incensurato“. Ha detto il Ministro, aprendo la busta. Le analogie si fermano qui. Il Ministro è accusato di aver trattenuto troppo a lungo 170 migranti irregolari su una nave. Tiziano Renzi di aver chiesto e ottenuto soldi non dovuti, 140.000 euro. Entrambi innocenti, fino a sentenza definitiva.
Dagli atti risulterebbe che l’imprenditore Luigi Dagostino era in una condizione di “sudditanza psicologica” nei confronti di Tiziano Renzi. In un’intercettazione Dagostino si lamenterebbe che le consulenze richieste valevano “al massimo 50 60 mila euro 70…”. Questa intercettazione è stata indicata dai Renzi per dimostrare che le consulenze in realtà ci furono, anche se il prezzo pagato era eccessivo: «Lo so benissimo che questo è un lavoro che valeva al massimo 50-60-70 mila euro – diceva l’imprenditore – Ma se tu me ne chiedi 130 e sei il padre del presidente del Consiglio mi posso mettere a discutere con te e chiederti di farmi lo sconto?». Per l’accusa invece non ci fu nessuna consulenza e Luigi Dagostino, pur non essendo più amministratore della Tramor srl, avrebbe indotto in errore il manager che gli era succeduto, sollecitando il pagamento dei 140.000 più Iva ai coniugi Renzi.
Nessun commento sul rinvio a giudizio risulta pervenuto da parte di Renzi jr. Il quale, se ha detto qualcosa sulla disavventura riguardante mamma e papà, non deve averlo fatto in diretta FB. Matteo nelle ultime ore si è invece interessato ad un’altra vicenda giudiziaria. Quella dei fondi della Lega: “Abbiamo un governo di ladri, perché la Lega ha rubato soldi degli italiani, e di bugiardi, perché il ministro delle infrastrutture Toninelli sta mentendo tutti i giorni agli italiani“. Lo ha detto proprio lui, Matteo Renzi, intervistato da ‘Agorà estate’ su Rai Tre. Dichiarazioni che non si comprendere se frutto di un processo di rimozione o di dissociazione. Perchè se anche la prudenza non è mai stata il suo forte, qui si va ben oltre la faccia tosta che, entro certi limiti, può essere anche un punto di forza. Qui il limite è travolto. Dare del “bugiardo” ad un Ministro – per una dichiarazione contro i Benetton – entrando peraltro in una polemica che non lo riguardava, è sembrata una spavalderia eccessiva. Ma per il tre volte ex – sindaco, segretario, premier – dare dei “ladri” ad un intero Governo per la vicenda dei rimborsi elettorali sottratti da gente come Bossi e Belsito sembra una sfacciata forzatura se si hanno i geniotri rinviati a giudizio per aver preteso “soldi non dovuti” dice l’accusa. “Ladri” direbbe Matteo, se applicasse su di loro lo stesso giudizio con cui osserva le vicende degli altri.
Si dirà: una cosa sono 140.000 euro un’altra i 49 milioni di “spariti”. Certo, ma qui vale il principio. Si dirà: i coniugi Renzi non sono ancora stati condannati. Verissimo, ma la sentenza riguardante i fondi della Lega è ferma al primo grado di giudizio. Anche qui vale il principio. E ancora si dirà: la questione dei Renzi riguarda vicende private. Nel caso della Lega sono stati sottratti soldi pubblici. Vero anche questo ma la vicenda della fatture false è accaduta ai genitori di un premier, quando questi sedeva a Palazzo Chigi. E, per dichiarazione degli stessi imputati, il pagamento ci fu per la soggezione causata da Tiziano, in quanto padre di quel premier.
E, aggiungiamo noi, è vero che in un qualsiasi Paese di solide tradizioni democratiche un politico con genitori coinvolti in una vicenda di soldi richiesti con fatture false, avrebbe la prudenza e la lungimiranza di tacere. E probabilmente si dedicherebbe a tutt’altro, lasciando la politica una volta per tutte. Si dirà allora: ma lui è Matteo Renzi. Verissimo anche questo.
Fonti: Adnkronos, Il Sole 24 Ore
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