Primarie del PD, Matteo Renzi rinuncia a candidarsi

Forse ha in mente un partito tutto suo, forse pensa seriamente ad altro. Matteo Renzi scioglie la riserva e annuncia che non si candiderà alle primarie del PD «Io non partecipo, ho già dato – ha detto l’ex premier – Ho vinto due volte e due volte mi hanno fatto la guerra quelli del mio partito. Chi vince le primarie – ha spiegato Renzi a ‘Stasera Italia‘, su Retequattro – il giorno dopo deve avere l’appoggio di tutti. Io ho vinto due volte e mi hanno fatto la guerra gli amici: il fuoco amico ha fatto fallire due volte l’esperimento del PD. Vedremo i candidati alle primarie. Ce ne sarà più di uno, non è detto che il mio sarà Zingaretti» ha aggiunto.

«Le elezioni le vincerà un fronte che va da Macron a Tsipras» ha pronosticato Renzi rispondendo alle domande di Barbara Palombelli. «Alle prossime elezioni si confronteranno due idee di europa: da una parte Salvini, Orban e anche M5s che sta con Farage. Dall’altra chi all’Europa ci crede ancora, l’Europa della solidarietà».

Nicola Zingaretti se eletto potrebbe essere l’ultimo segretario del PD. Il governatore del Lazio non esclude che si possa anche cambiare nome al partito in un prossimo futuro, un’ipotesi, questa, avanzata dall’ex Ministro Carlo Calenda. Di diverso avviso l’ex premier Paolo Gentiloni, che molti vorrebbero candidato alla guida dei Dem. «Non mi convince l’idea di cambiare nome. Va cambiato il partito, ma non archiviato – dice, come riportato da LaPresse. Non confondiamo l’idea che debba cambiare con l’idea che abbia esaurito la sua funzione dopo 10 anni. Non è così. Teniamocelo stretto, è un baluardo ai rischi che corre l’Italia». Sul tema risponde su Twitter Calenda «Non ho proposto di cambiare semplicemente nome al PD sarebbe un’operazione cosmetica – scrive -, ma di fondare un partito progressista più ampio, non paralizzato dalle correnti e dai rancori e aperto alla partecipazione di persone nuove che rappresentano parti della società».

Gentiloni desidera voltar pagina, velocemente, a prescindere dal nome «Basta con il revanscismo contro gli elettori: ‘Non ci avete votato e vi beccate Salvini’. Questa cosa deve finire» dice, criticando l’ultima iniziativa politica di rilievo da parte di Matteo Renzi dopo l’esito del 4 marzo. Un ostracismo che precluse la possibilità di un Esecutivo formato da PD e Movimento 5 Stelle, favorendo l’alleanza dei primi con la Lega di Matteo Salvini. Per il momento sembra il PD di sempre, diviso in correnti e faide.

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E Matteo, dopo anni sul proscenio, mal si rassegnerebbe a svolgere un ruolo da comprimario. Potrebbe dunque a breve tornare concreta ed attuale per l’ex sindaco di Firenze quell’idea già sussurrata mesi fa e inutilmente smentita. Il progetto di un nuovo partito di cui parlò per primo Augusto Minzolini. L’ipotesi fu negata dallo staff di Renzi ma Minzolini confermò tutto, cocciutamente. Non fu il solo: altre persone più vicine a Renzi lo considerarono “inevitabile”. Più incerta la tempistica. L’idea di Renzi è semplice, quasi semplicistica: prendersi quella parte di Forza Italia che non va con Salvini. Pronti a passare in un nuovo partito sarebbero “Renato Brunetta e soprattutto Paolo Romani, che ha fortissimi legami con Luca Lotti e Maria Elena Boschi” fu l’indiscrezione, mai smentita, del Fatto Quotidiano. Si realizzerebbe dunque, su scala minore, l’antico progetto renziano di far propri i fedeli di Silvio. Da principio doveva essere il PD a convogliare l’elettorato di centro nel “nuovo PD” di Renzi. Un’ambizione che si fondava sui risultati delle scorse europee, con il PD al 40%. Matteo non riuscì a conquistare quell’elettorato, e perse il proprio. Ora potrebbe ritentare, con il suo partito. Non è il tipo che si arrende Matteo, anche dinanzi alle macerie.

Fonti: Stasera Italia, LaPresse

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