Putin, in nome che Mattarella non ha potuto pronunciare
Paolo Savona come Ministro dell’Economia nel Govero Conte non era l’unico problema. Il vero timore, secondo molti osservatori internazionali, si chiama Putin. Un nome mai fatto, ma che sarebbe stato il “vero” problema del Quirinale, un problema che rimane irrisolto, completamente, Il presidente russo potrebbe trovare in Italia, grazie al nuovo governo alleati in grado di sconvolgere i rapporti tra la Russia e l’Europa. Non è l’economista che agita i pensieri delle cancellerie di tutta Europa – e che peraltro è rimasto nell’Esecutivo con un ruolo non marginale – non è – ma il legame di Matteo Salvini con Russia Unita, il partito nato nel 2001 per sostenere Vladimir Putin.
Era poco più di un anno fa: ai primi di marzo del 2017, Salvini era nella capitale russa. Da una parte del tavolo c’era lui, dall’altra Sergey Zheleznyak, 48enne vicesegretario per le relazioni internazionali del partito putiniano, per firmare un «Accordo sulla cooperazione e collaborazione» ossia un impegno a promuovere le relazioni fra le due parti, con seminari, convegni, viaggi, basato su un «partenariato paritario e confidenziale» parole che hanno suscitato timore negli ambienti europei. Uno scambio ampio, che comprende anche «esperienze in attività legislative». Una vicinanza che ha anche alimentato il sospetto, seccamente smentito da Salvini, di finanziamenti diretti di Putin alla Lega.
L’ultimo allarme sulle buone relazioni tra i due l’ha lanciato – domenica scorsa quindi prima della formazione del nuovo governo – il parlamentare Armin Schuster, in forza alla Cdu, il partito di Angela Merkel, e presidente della commissione Servizi del Bundestag, il Parlamento tedesco. Secondo Nona Mikhelidze, analista dell’Istituto Affari internazionali: «Il Cremlino sa che l’Italia non può uscire da un giorno all’altro dall’Ue». L’obiettivo di Putin sarebbe quello aiutare quelle forze sovraniste che chiedono meno Europa. E con il nuovo governo Lega – Movimento 5 Stelle questo primo passo si sarebbe compiuto. Per gli oppositori di Putin appoggiare le forze anti – euro sarebbe strategico per indebolire l’Europa stessa: “Mettere in crisi la moneta unica resta infatti la via migliore per indebolire l’Europa – scrive sul tema l’Avvenire – Per minarla dalle fondamenta. Un interesse prioritario per la Russia, penalizzata dalle sanzioni Ue in vigore da marzo 2014 e per ora prorogate fino a fine luglio”
Le sanzioni a Putin sono votate all’unanimità e senza un Paese l’Italia non potrebbero essere rinnovate. Al momento non c’è dubbio alcuno che Salvini e Di Maio decideranno di votare contro, come riportato da Il Sole 24 Ore: infatti «ritiro immediato delle sanzioni» è previsto nello scarno capitolo ‘Esteri’ del contratto gialloverde. E proprio qui, Paolo Savona, può acquisire un ruolo fondametale nello scacchiere predisposto da Salvini, avendo peraltro ora un ruolo, in apparenza un ripiego alla mancata nomina di Ministro dell’Economia, cruciale proprio nei rapporti Ue. Sulla Russia, in un’intervista a Libero, ecco cosa diceva: «Putin è realista. È contrario a un’Europa che lo danneggi. E questa lo danneggia».
Anche l’ex ministro del governo Ciampi ha legami storici col mondo russo, coltivati durante la presidenza di Impregilo negli anni Duemila. Ecco che dietro l’opposizione alla figura di Savona – e all’esecutivo leghista-grillino – si può leggere in filigrana la volontà di contrastare un disegno geopolitico orientato a mutare gli equilibri in Europa. Il tramite dell’infatuazione filo-russa del Carroccio è il giornalista Gianluca Savoini, già collaboratore di Salvini e presidente dell’associazione ‘Lombardia Russia’. Prende le mosse nel 2013: da allora, ogni passo politico del Matteo in camicia verde ha ricevuto una qualche ‘benedizione’ russa.
Quando, a dicembre 2013, è eletto segretario nel congresso di Torino fra i presenti c’è Viktor Zubarev, parlamentare russo. Da lì cominciano i contatti diretti fra Salvini e Putin. Il 17 ottobre 2014 il leader russo è a Milano per il vertice Asem e, a costo di far aspettare l’amico Berlusconi, incontra per 20 minuti in un hotel il capo lumbard: «Certo, bere un caffè con Putin…», commenta un emozionato Salvini. Segue una lunga serie di ‘pellegrinaggi’ a Mosca. Una ragnatela di contatti. Una settimana fa Savoini era a San Pietroburgo, al forum internazionale, assieme a Paolo Grimoldi, altro deputato leghista che funge da trait-d’union sull’asse Milano-Mosca. Non coinvolto in questa rete, ma molto attivo è poi Luigi Scordamaglia, dinamico presidente di Federalimentare e sorta di ‘ufficiale di collegamento’ fra il mondo imprenditoriale del Nord e la Lega per la sua attenzione al tema sanzioni, che penalizzano soprattutto l’agroalimentare.
I timori non sono legati solo agli assetti economici, però. Molto forti sono anche quelli per le ‘bufale’ mediatiche che influenzano le elezioni e i sommovimenti occidentali. Nei ‘Palazzi’ della politica si ricorda a esempio che, secondo inchieste giornalistiche, l’80% dei tweet a favore dell’indipendenza della Catalogna sono arrivati da account russi o venezuelani. E c’è chi ricorda che, in ogni caso, il nostro ‘ancoraggio’ agli Stati Uniti deve prevalere. Per una ragione semplice: l’interscambio commerciale fra Usa e Italia prima delle sanzioni era 10 volte più grande di quello con Mosca. Grandezze profondamente diverse che fanno riflettere davanti al rischio di uno spostamento degli equilibri.
Fonte: Il Sole 24 Ore
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