Zaray Coratella, la bambina di dodici anni morta a settembre dello scorso anno all’ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari, forse poteva salvarsi. La ragazzina è morta nella sala operatoria dove era entrata per un intervento di riduzione di una frattura al femore. Un intervento che praticamente sempre non comporta alcun effetto collaterale e riesce perfettamente e per questo la Procura di Bari ha aperto un’indagine per omicidio colposo. La ragazzina non si sarebbe risvegliata dall’anestesia a causa di una ipertermia maligna, ovvero una febbre molto alta di origine genetica. Però sembra che si sarebbe potuta salvare se qualcuno avesse dato retta a una giovane anestesista al quinto anno di specializzazione, Elisiana Lovero.
E’ la stessa giovane a raccontare al ‘Corriere della Sera‘ cosa è accaduto: “Ho ipotizzato in maniera esplicita che potesse trattarsi di ipertermia maligna. Ho toccato la fronte della paziente che sembrava calda”. Chiese a quel punto un termometro e il dantrolene, un farmaco salvavita, ma quello che le venne risposto è inquietante: “Mi è stato risposto che il dantrolene non c’era. Mi sono spostata con il caposala nella stanza dei farmaci vicina dove mi mostrava quello che diceva e mi disse che da quando le precedenti confezioni erano scadute le scorte non erano state ripristinate”. Ma c’è di più, perché anche il termometro non funzionava e “alle rimostranze degli ortopedici per le continue interruzioni”, alla giovane specializzanda “viene detto di uscire dalla sala esonerandomi dalla mia attività”.
Peraltro, l’ipotesi dei medici, in quel momento, è che si tratti di un’embolia polmonare e solo dopo, in terapia intensiva, viene spiegato che Zaray Coratella ha un’ipertermia maligna che però era ormai impossibile da scongiurare e per questo muore. I commissari spiegarono poi: “Sembrerebbe emergere che il dantrolene consegnato all’unità operativa anestesia/sala operatoria il 4 giugno 2015 sarebbe scaduto nel giugno 2017”. Quindi, al momento dell’intervento, il farmaco è scaduto da tre mesi e secondo la cartella clinica venne somministrato in terapia intensiva, anche se c’è un’anestesista che sostiene di averlo somministrato prima.
GM
Fonte: Il Corriere della Sera