Nuove accuse a Francesco Bellomo: “Ecco come mi trattava”

Nuove accuse emergono nei confronti del consigliere di Stato Francesco Bellomo. Il magistrato è indagato per estorsione e per lui l’accusa è che abbia obbligato alcune sue allieve della Scuola di Formazione per magistrati a presentarsi ai suoi corsi in abiti succinti e provocanti, in particolare minigonna, tacchi a spillo. Inoltre, sempre secondo l’accusa, pretendeva che avessero trucco marcato e che non fossero sposate. Bellomo è accusato di aver imposto un contratto che “non rispetta la libertà e la dignità della persona” agli allievi. Con lui è indagato Davide Nalin.

Oggi è emersa, riportata da Repubblica, la testimonianza di Chiara, una ragazza che ha frequentato la scuola “diritto e scienza” diretta dal consigliere di Stato tra il 2013 e il 2015. Ora ha presentato un esposto al Consiglio di Stato, nel quale si legge: “Tornava in camera a tarda notte per cambiarsi d’abito poiché così voleva il consigliere. Spesso la vedevo piangere, mi faceva tenerezza, ma non potevo conoscere le ragioni perché la stessa mi confidava di essere obbligata a un non meglio specificato obbligo di riservatezza a ciò che diceva con il consigliere”. La giovane si rivolge allo stesso Bellomo sottoponendogli il problema. Questa la risposta: “Diceva che la ragazza era sotto minaccia o in preda a una crisi psicotica. Proseguiva con una serie di insulti nei miei confronti perché avevo creduto alla giustificazione della sorella. Mi sgridava per non aver assolto con la dovuta diligenza al mio incarico di intermediario e mi invitava a ricontattare la sorella. M’invitò a scrivere un sms dando della bugiarda alla sorella e a lei della pazza. Mi insultò dando anche a me della pazza, dicendo che non avrei mai fatto il magistrato, invitandomi a ritirarmi dal corso. Minacciò di denunciarmi se avessi raccontato l’accaduto”.

“All’epoca non ebbi la forza di farlo, dovevo prima risollevarmi. Ma oggi non posso tacere, non posso ambire alla toga e insegnare la legalità contraddicendo i valori in cui credo”, spiega ora Chiara, secondo cui in alcuni sms con una collega ci sarebbero le “prove” di quanto scritto nell’esposto contro Bellomo. Siamo all’inizio del 2015 e Chiara scrive: “Ma ti ha chiesto di fare quelle cose del libro?”. La collega risponde: “Iniziava il lavaggio del cervello, ho i messaggi ma soprattutto quando parlavano”. Chiara: “Brava, non cancellarli”. A questo punto l’altra ragazza parla di un “contratto di schiavitù sessuale”. Successivamente, una volta che Chiara lascia la scuola, sarebbe emerso il ruolo del pm di Rovigo Nalin, che fa pressioni per farle riprendere il corso. E le dice che “per essere riammessa alla scuola devo scrivere al consigliere Bellomo ‘un’istanza di grazia’, nella quale dichiaro di aver agito in preda a distorsioni emotive e che tale mia fragilità conferma la necessità di seguire il corso”. Chiara continua: “Arresosi all’idea che non avrei scritto ‘l’istanza di grazia’, Nalin mi proponeva, quale condizione per la riammissione, di sorvegliare per la società la collega su Fb. Avrei dovuto sottoscrivere un ‘contratto di spionaggio’ non appena fossi andata a Milano e nel frattempo iniziare a inviargli gli screenshot delle sue attività su Fb. Ovviamente non accettavo”. Per Nalin, accusa infine Chiara, quel “comportamento inqualificabile” avrà “ripercussioni personali”.

GM

Fonte: Repubblica

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