“In questa vicenda si è perso di vista il focus principale sul quale ragionare. Si parla di cose che non hanno rilievo processuale”, lo ha detto Claudio Salvagni, legale di Massimo Bossetti, annunciando a Radio Campus il ricorso in Cassazione. Argomenta l’avvocato: “Io contesto anche quello nelle motivazioni della sentenza di secondo grado. Sostenere che i coniugi non andassero d’accordo e che non avessero rapporti sessuali tali per cui questi diventano il movente per un assassinio di quel tipo mi sembra pura fantasia. Nessuno era nel loro letto, nessuno può sapere cosa succedeva. Il fatto che non andassero d’accordo è una mera illazione. È un ragionamento fantastico che fa la Corte in un eccesso creativo. Di conseguenza se ne parla nei salotti televisivi, ma è un argomento che distoglie l’attenzione da quello più importante, ovvero la possibilità di andarsi a difendere contro il DNA”.
Salvagni sottolinea: “Abbiamo esposto in 21 punti le critiche alla sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Brescia. Le domande che noi rivolgiamo alla Corte attengono a quella che noi riteniamo essere una violazione del diritto di difesa. È innegabile dirlo: Bossetti non si è mai potuto difendere. Dovrebbe prendere come un atto di fede quanto fatto dai consulenti dell’accusa. Noi non abbiamo nemmeno mai visto i reperti, sembra assurdo ma è così. Questo processo è stata caratterizzato dallo scontro in punta di diritto”. Ricorda infine: “Non consentire una perizia è contro le regole del nostro ordinamento. Se si ha lo strumento per fare luce su una situazione perché non dovrebbe essere utilizzato? Lo chiede l’imputato perché altrimenti non si può difendere”.
Fonte: Radio Cusano Campus