Ugo Mattei, giurista e professore di Diritto Internazionale e Comparato presso la California University nonché docente di Diritto Privato all’Università di Torino, fornisce una spiegazione su quello che definisce un malcostume da parte di alcune importanti aziende leader del settore tecnologico, i cui prodotti telefonici come gli smartphone vedono l’integrazione della batteria predisposta per il loro funzionamento incorporata all’interno del dispositivo, senza possibilità di poterla rimuovere come accadeva con i precedenti modelli. “Negli ultimi 4 anni – afferma Mattei – sono stati impiantati nel mondo industrializzato un miliardo e quattrocentomila sensori inerente l’internet delle cose. Li si trovano nei muri delle abitazioni, nei televisori di ultima generazione, nelle auto ed in generale all’interno di tutti i dispositivi ed i congegni elettronici che acquistiamo. E questi si collegano a nostra insaputa. Ed è un qualcosa di decisamente preoccupante, perché si rischia di andare incontro ad un enorme dispositivo di controllo della nostra società”.
Internet è insostituibile quanto pericoloso
Mattei continua: “Secoli addietro avevamo cominciato il nostro processo di globalizzazione con il colonialismo, adesso l’umanità ha raggiunto un nuovo step invece. La tradizione in ogni ambito impediva il progredire della scienza, oggi però la nostra società ha dato adito a pubblico e privato di prendere piede. E non ci sono più limiti fisici grazie ad internet, che pure rappresenta un caposaldo del capitalismo. Ora il mondo poggia sul web, e senza di esso niente più potrebbe più funzionare. Questo discorso viaggia in parallelo con la sostituzione sempre più massiccia della manodopera con le macchine. Estendendo questo concetto alle banche, al mondo della finanza e simili, dal quale prendono facilmente adito anche le discussioni sui flussi migratori e su tutti i drammi politici e culturali del mondo di oggi. È una questione di equilibrio che viene decisamente a mancare”. Torniamo al perché non si possono togliere le batterie dai vostri telefonini: “È una imposizione fatta da chi ha il potere di gestire internet attraverso i congegni elettronici indispensabili per il suo utilizzo. Le compagnie vi impongono di portare a riparare un device in caso di guasto solo dove vi dicono loro, e nella configurazione iniziale vi chiedono il consenso su un mucchio di cose, e trasgredendo le quali infrangereste la legge. Inoltre in caso di controversie, citiamo ad esempio Facebook, la figura del giurista viene del tutto eliminata. I responsabili del social network hanno eliminato qualsiasi mezzo di fruizione alla giustizia ordinaria. E pensare che con un miliardo e mezzo di utenti, questioni legali ne devono sicuramente avvenire”.
La democrazia è in pericolo
Ma il giurista ed il diritto vengono soppiantati dai programmatori, i quali riescono ad uscire dall’ambito di controllo dei giuristi stessi. Ma la figura del giurista è indispensabile in qualsiasi modello culturale, civile e storico. Senza, non c’è società che funzioni. L’allarme lanciato dal professore non è da sottovalutare: “Abbiamo intrapreso una strada per la quale in nome della sicurezza potrebbe anche essere possibile rendere obbligatorio il farci impiantare dei microchip sottocutanei. A voi sembrerà fantascienza, ma ormai bisogna che ci rendiamo contro che c’è chi può assumere il controllo della nostra quotidianità. La tecnologia ha alterato e continua a modificare in modo sempre più veloce i sistemi politici attuali, al punto da portare alla scomparsa della dicotomia pubblico-privato. Ma non si sa chi sia realmente a muovere i fili del tutto”.
S.L.
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Fonti: Byoblu